Il web non è un competitor, o, peggio, un nemico della radio e televisione. Sebbene molti broadcaster si ostinino a considerarlo così, si tratta di una piattaforma distributiva e non di un medium in sé.
Certo gli OTT del web sono in qualche caso antagonisti nella raccolta pubblicitaria (Facebook, Google) o concorrenti sui contenuti (Spotify, YouTube, Netflix, ecc), ma essi non sono il web: ne sono abitanti.
Processo virtuoso
Chi ha capito questa, fondamentale, differenza ha approcciato diversamente la questione.
Esaminando i dati di bilanci di radio e televisioni locali, non necessariamente grandi e soprattutto nel Sud (dove c’è una maggiore creatività contenutistica, soprattutto tra le televisioni), si scopre infatti che i relativi siti internet, evolutisi come portali di informazione, in alcuni casi, da gregari, sono divenuti strumenti di traino nella raccolta pubblicitaria. D’altra parte, ci sono non pochi casi in cui i siti delle emittenti locali, proficuamente indicizzati (perché Google, va riconosciuto, ha un approccio meritocratico sui contenuti originali), sono ai vertici della consultazione informativa locale.
Audiweb: c’è ancora tutto un mondo da colonizzare
D’altra parte Audiweb (dati di ottobre 2019) fornisce indicatori rilevanti sulle tendenze dell’utenza, di cui gli editori devono tenere conto. Come, per esempio, che i naviganti hanno per l’89,8% consultato siti dedicati ai contenuti video (37,6 milioni per la sotto-categoria Video/Movies), mentre l’89,1% ha consultato i portali generalisti (37,3 milioni per la sotto-categoria General interest portals & communities) e l’86,4% si è informato online sui siti news (36,2 milioni per la sotto-categoria Current Event & Global News).
Come finalmente si è compreso che il DTT è una piattaforma distributiva dei contenuti televisivi (da riempire) e non la televisione in sé (che è neutrale rispetto ai vettori), altrettanto lo è il web. Prima lo si capirà, prima lo si sfrutterà per la crescita.