Era il 1995 quando Nicholas Negroponte (foto), guru americano dei media, fondatore del Media Lab del Mit, della rivista scientifica “Wired”, nonché massimo promotore dell’iniziativa One laptop for Child, per la diffusione dei personal computer tra i giovani dei paesi del terzo mondo, annunciava con toni entusiastici il tramonto della tv. Definita da lui stesso “l’apparecchio più stupido della vostra casa”. L’intelligenza (sociologicamente parlando), sosteneva Negroponte, stava tutta dalla parte dei produttori di contenuti, che tenevano come ipnotizzati i telespettatori, passivi e senza voce in capitolo nei confronti di ciò cui assistevano. Con la sola consolazione del telecomando come parziale contropartita. Era il trionfo dei media push, che immobilizzano lo spettatore e lo “ingozzano” di contenuti senza lasciargli il tempo di decifrarli. Il web, al contrario, è il più classico dei media pull, ne è l’emblema. Qui il fruitore decide, non subisce; giostra egli stesso la sua circostanza di fruizione, ne decide le dinamiche, i tempi, la successione e le modalità. Fa la parte del leone, in pratica.
A distanza di oltre dieci anni, ciò che diceva Negroponte si sta pian piano realizzando: un rapporto della European Interactive Advertising Association dice che per la prima volta i giovani tra i 16 e i 24 anni utilizzano il web più della tv. Non solo, lo scorso ottobre in Gran Bretagna si è verificato un passaggio storico nel settore dei media: il fatturato di Google derivante dagli introiti pubblicitari ha superato quello del canale commerciale Itv1, che sulla pubblicità basa la propria stessa esistenza. Di tutto questo, però, Negroponte non si stupisce, anzi. “Sono sorpreso che ci sia voluto così tanto”, osserva, dalle pagine (rigorosamente web!) di “Repubblica (www.repubblica.it). “Non riesco ad immaginarmi nessun senso a guardare la tv se non lo sport in diretta e i risultati delle elezioni”, prosegue. Il tramonto della televisione, non ancora attuato, altrimenti non saremmo qui a parlare del sorpasso del web con tanto clamore, passa, secondo il guru americano, da quattro punti nevralgici: la produzione dei contenuti televisivi, la trasmissione del segnale, la fisicità dell’apparecchio ed il modello economico che la governa. Secondo Negroponte tutti e quattro questi aspetti starebbero repentinamente mutando, costringendo la tv a mutare con loro, snaturandosi e perdendo alcune di quelle caratteristiche che ne costituiscono i punti di forza. Perdendo, soprattutto, appeal nei confronti dei giovani, sempre più desiderosi di interattività, al contrario dei loro genitori, abituati ed assuefatti dalla passività dei mezzi push. Ciò che, comunque, continua a tenere in piedi la baracca televisiva è il suo costituire “un’esperienza di gruppo”. Il confronto, però, nel panorama massmediale odierno, pare troppo impari per non conoscerne già il risultato finale: “E’ un po’ come mettere a confronto un libro con un flusso di dati – conclude Negroponte – Io sono per la varietà e la diversità che offre internet”. (Giuseppe Colucci per NL)