Nella sonnolenza indotta dalla calura estiva, nei giorni scorsi, abbiamo assistito ad un silenzioso scontro epico tra due poteri tecno mediatici: i mezzi di comunicazione di massa classici contro gli OTT del web. Oggetto della discordia i diritti di copy sui contenuti informativi diffusi sul web ed il cd. snippet, cioè il metadato che si compone del titolo di una pubblicazione, del suo riassunto (descrittivo) e, ovviamente, dell’url.
Nel merito, gli old media – di norma i giganti (ormai coi piedi d’argilla) della carta stampata, nella loro declinazione online ed i grandi player tv – hanno sollecitato gli organi legislativi comunitari ad assumere determinazioni protettive contro quello che ritengono uno sfruttamento incondizionato dei loro contenuti senza riconoscimento economico da parte degli OTT del web (Google e social media in generale).
Richiesta rigettata dagli over the top dell’IP, secondo i quali ciò determinerebbe l’impossibilità della libera circolazione del sapere e dell’informazione, minando i principi stessi che fondano la rete.
In realtà, la proposta per la riforma della norma UE sul copyright da sottoporre al vaglio della sessione plenaria del Parlamento europeo per dare avvio ai negoziati fra Parlamento, Consiglio e Commissione sulla proposta di direttiva per la riforma del copyright era già frutto di un compromesso, considerato che nel testo non si parlava di corrispondere necessariamente un compenso per l’utilizzo di contenuti di terzi, ma meramente di conseguirne l’autorizzazione alla diffusione. Assenso che, nella stragrande parte dei casi, sarebbe concesso dagli aventi diritto considerato che il principio cardine dell’editoria online è quello di favorire la massima diffusione dei contenuti. Tanto che, per massimizzare tale obiettivo, è nata una scienza, la SEO (Search Engine Optimization), che definisce tutte le attività di ottimizzazione di un sito web volte a migliorarne il posizionamento nei risultati organici dei motori di ricerca come Google.
Sta di fatto che l’atteggiamento supponente degli old media, che praticamente non hanno informato i propri utenti della questione al vaglio, nell’evidente tentativo di non prestare il fianco alle ragioni opposte dagli OTT, ha fatto sì che le iniziative di quest’ultimi, in particolare di Wikipedia (che ha oscurato la propria pagina in prossimità della decisione del Parlamento in segno di protesta), avessero la massima ed indisturbata notorietà.
Risultato: Parlamento europeo spaccato in due al voto sulla proposta di direttiva, con 278 eurodeputati a favore, 318 contrari e 31 astenuti e testo che tornerà a essere esaminato e votato dalla prossima sessione plenaria dell’organo legislativo comunitario a settembre.
Prevedibile esultazione del Partito Wikipedia e vesti stracciate da parte dei mezzi di informazione tradizionali.
In verità, nessun vincitore e nessun perdente.
Anzi, un perdente per precisione c’è: è l’utente, che nello scontro tra il vecchio ed il nuovo ci lascia comunque le penne, considerato che, comunque finirà, subirà una compressione della possibilità di conseguire un aggiornamento informativo neutrale.
Beninteso, ammesso che ciò sia buona cosa, posto che, per dirla con Nicolas Gómez Dávila, “la stampa non vuole informare il lettore, ma convincerlo che lo sta informando”…