La formula vincente della oldies lombarda dovrebbe far riflettere molti editori italiani
Sul mercato Otto Fm c’è da 33 anni, cioè da quanto, sul finire del 1974, venne attivato il trasmettitore 103,400 MHz da Sacromonte (Varese), che diede il nome a RSM (Radio Sacro Monte, poi anglicizzato in Radio Sound Music e quindi, negli anni ’80, variato in Reteotto, da cui discende il logo attuale), sicché non si può certamente dire che si abbia a che fare con radiofonici di primo pelo. Ciò nonostante, pur avendo riscosso negli anni ’80 un grandissimo successo, che continuò nei primi anni ’90, quando Reteotto divenne la prima radio italiana ad impiegare il satellite per la distribuzione in chiaro dei propri programmi, l’emittente, dopo aver abbandonato l’affollato format generalista, ha solo da qualche anno individuato un layout di programmazione che, coniugando semplicità a linearità, qualità musicale a cura dei dettagli di trasmissione, ha presidiato una nicchia di mercato rilevante sotto il profilo commerciale ed editoriale. Sembrerà banale, ma il format “solo musica degli anni ’80” (basato anche sul tradizionale impiego del numero “magico” 8, che ha sempre accompagnato la vita dell’emittente) senza conduzione, non certamente originale nel panorama radiofonico italiano, è riuscito ad essere personalizzato al punto da essere praticamente esclusivo. Come? Curando, si diceva, i dettagli: i brani musicali trasmessi, pur appartenendo a una playlist definita e quindi limitata (quella della musica degli anni’80) sono individuati in cataloghi singolari, quali: la classe artistica (tanto che esistono siparietti dedicati al “peggio degli anni’80”), la rilevanza storica (che non necessariamente coincide con il successo di vendita del brano) e l’incidenza (anche simbolica o emotiva) nella memoria del pubblico. Gli station break non sono affatto banali, avendo l’emittente preferito a sofisticati jingles cantati, degli identificativi solo parlati, ma elaborati in quanto a base musicale (collage musicale abilmente elaborati). Ma, su tutto, domina, vincente, la scelta di programmare versioni spesso introvabili di brani storici (negli anni ’80, si ricorderà, andava di moda predisporre svariate versioni di un pezzo di successo, dall’instrumental, alla radio version, dall’extended mix alla dub version), tanto che su Otto FM è facile ascoltare il medesimo brano musicale, a distanza di giorni, in diverse delle sue versioni. Su ciò ha ovviamente influito l’incredibile archivio musicale della radio: un vero e proprio vaso di pandora da cui ogni giorno vengono estratte chicche e rarità che implementano il server di programmazione. Per constatare il successo di Otto FM non è necessario attingere ai dati Audiradio: basta recarsi nei principali centri commerciali siti nell’area di servizio per accertare quale stazione viene diffusa all’interno. Un sonoro schiaffo a molti parrucconi del medium radiofonico italiano dalla formula per il successo in tasca: come per la cucina mediterranea, anche in radio vincono semplicità, cura dei dettagli e sapiente miscelazione di ingredienti niente affatto introvabili. Tanto che il server della stazione sarebbe già stato richiesto da altre radio italiane.