Biagi (foto) è tornato in Rai ma, purtroppo, in pochi se ne sono accorti. Purtroppo perché il tipo di giornalismo proposto dall’ottantaseienne ex silurato è pur sempre un giornalismo nel vero senso della parola, schietto, diretto, che parla dei problemi della gente e non di quelli delle caste. Le prime due puntate del suo “Rotocalco televisivo” (remake di un suo vecchio programma, di enorme successo, che ha chiuso i battenti nel 1962) hanno raccolto, rispettivamente, l’11% e il 9% di share, raggiungendo un risultato non molto gratificante. Probabilmente le tematiche proposte mal si conciliavano con la fascia oraria destinatagli. E giù con gli attacchi da parte dei soliti detrattori, gran parte dei quali giornalisti, forse invidiosi della posizione di primo piano che Biagi, in oltre sessant’anni di onorata carriera si è guadagnato. Ma qualche complimento Biagi l’ha ricevuto. Guarda il caso, proprio da chi non ti aspetti, proprio da quel Silvio Berlusconi che appena cinque anni or sono gli aveva cortesemente mostrato la porta dell’azienda di Stato, invitandolo ad uscirne per non rientrarvi mai più. E Berlusconi, invece, nel suo tipico stile verbale, un mix tra presa in giro ed opportunistica verità, ha avuto parole d’elogio per il “nuovo” show di Enzo Biagi: “Ho assistito alla prima delle due puntate che sono andate in onda e l’ho trovata davvero avvincente. Se il servizio pubblico, e la televisione in generale, vengono usati in questo modo, lunga vita e lunga permanenza al dottor Biagi sulle reti pubbliche!”. Per chi abbia assistito, negli anni scorsi, alla pubblica messa alla berlina del giornalista da parte dell’allora Presidente del Consiglio, queste parole paiono un po’ strane. Ma si sa, la redenzione è sempre cosa buona e giusta, da apprezzare senza insinuazioni e (quasi inevitabili) dietrologie. Da par suo, Paolo Ruffini, direttore di Rai Tre, nonostante i risultati non propriamente rincuoranti, elogia Biagi ed il suo modo di fare tv: “Il suo si è mostrato subito un programma di grande qualità, una vittoria dei contenuti, del giornalismo e del pluralismo, un pezzo di televisione molto intenso”. Ed, in effetti, è proprio in questa direzione che il servizio pubblico intendeva virare (chiedere ai vari Petruccioli, Marano ed al ministro Gentiloni, per credere): verso un servizio pubblico caratterizzato dalla qualità del prodotto, dall’attenzione per i cittadini ed i loro problemi, dalla tv che produca cultura e non spazzatura. E Biagi in questo è un vero professionista, checché ne dicano certi giornali. (Giuseppe Colucci per NL)