(Radio Passioni) – Comincia ad assumere proporzioni a dir poco inquietanti il numero di applicazioni iPhone per l’ascolto di stream radiofonici e podcast attraverso l’infrastruttura mobile 3G sul telefonino Apple. A Praga, in occasione della conferenza Multimedia Meets Radio i relatori hanno presentato due app che non conoscevo. Una, se vogliamo abbastanza banale, quella di Arte Radio, l’emittente Web collegata alla stazione televisiva satellitare Arte, l’altra che mi è piaciuta di più perché collegata all’offerta podcast di Sverige Radio, l’emittente pubblica svedese. Ho scoperto per esempio che attraverso iTunes posso abbonarmi a podcast musicali molto belli, come SR P2 Mozart, una selezione di opere mozartiane, e tanti altri programmi. Se volete curiosare anche voi potete scaricare la applicazione di Arte a questo indirizzo (attenzione però, dovrete prima selezionare la versione francese di iTunes Store) mentre il sito Web della radio svedese suggerisce di fare una ricerca sullo stesso Store (in questo caso va bene anche la versione italiana) con la parola chiave "poddradio".
La lista di trasmissioni per le quali è possibile sottoscrivere un abbonamento podcast da SR è imponente considerando il fatto che la radio pubblica svedese serve una nazione di cinque milioni di abitanti con quattro programmi nazionali, quattro minoritari in lingue estere, più di quindici stream solo Web e quasi trenta emissioni regionali diverse diffuse attraverso il canale P4.
Ieri il titolo Apple ha perso il 5% del suo valore in borsa perché gli analisti hanno commentato "negativamente" sulle prospettive di vendita dei computer Macintosh e dei supertelefonini iPhone. Secondo JPMorgan, per esempio, in questo trimestre Apple venderà "solo" 3,4 milioni di iPhone invece dei previsti 3,8. Nel primo trimestre dell’anno fiscale 2009, il primo per cui si hanno dati ufficiali, le unità iPhone vendute sono quasi 4,4 milioni. Al ritmo di 3 o 4 milioni di iPhone a trimestre, Apple sta costruendo comunque una discreta base di utenti capaci di accedere a contenuti radiofonici in diretta o in modalità podcast. Un accesso favorito dalla disponibilità di piani tariffari flat presso tutti gli operatori di telefonia mobile. Con Vodafone, tanto per non far nomi, con 60 euro al mese avrei 500 minuti di telefonate e 2 gigabyte di download tutto incluso. Un podcast di un’ora, a seconda del bitrate, può occupare una trentina di megabyte, ma diciamo che a 128 kilobit in stereo sono 60. In 2 GB starebbero 30 ore di podcast o flussi real time da scaricare, senza contare che in modalità podacast potrei caricare in 16 GB di memoria 120 ore di trasmissioni sul wi-fi qui in casa, senza preoccuparmi di costi aggiuntivi.
Possiamo già parlare di "radio digitale"? Se confrontiamo il dato di vendite di iPhone con le cifre di vendita dei ricevitori DAB in tutto il mondo (aggiungendovi quelle di apparecchi HD Radio), è quasi sicuro che gli iPhone siano ormai ben più numerosi. Ma l’elemento più importante è che l’iPhone, diversamente dai ricevitori DAB, si adattano meglio all’uso in mobilità e in auto e sono inoltre compatibili con la modalità di accesso asincrona che la tecnologia del podcasting ha reso possibile. Sì, si tratta pur sempre di un tipo di radiofonia diversa, di un consumo che non è completamente gratuito, anche se ci si avvicina parecchio, considerando che la radio via iPhone è pur sempre un valore aggiunto al costo del monte ore di telefonate che comunque dobbiamo corrispondere all’operatore. Senza quei 2 GB di traffico Internet il mio abbonamento Vodafone costerebbe 50 euro contro i 60. La radio digitale in reti 3G mi costerebbe insomma 10 euro al mese. 10 euro in cambio di una varietà di scelta che il DAB non mi darebbe mai e con una copertura di rete assai più capillare, almeno in Italia. Non potrei fare certi confronti se le reti DAB/DAB+ garantissero una copertura capillare e nelle case (e nelle automobili, ricordo che anche al Cebit di Hannover Blaupunkt ha presentato dei modelli di Internet car radio che si sintonizzano sugli stream attraverso la rete cellulare) fossero presenti dieci milioni di ricevitori digitali. Ma se il confronto lo facciamo tra la nicchia della radio su iPhone e la nicchia del DAB, non mi sembra ci siano dubbi su quale delle due abbia avuto il successo più convincente finora. Le cose possono sempre cambiare in futuro e non è detto che non sia proprio il telefonino a spiegare alla gente i vantaggi di una radiofonia di tipo alternativo. A quel punto, tuttavia, perché cambiare terminale?
La lista di trasmissioni per le quali è possibile sottoscrivere un abbonamento podcast da SR è imponente considerando il fatto che la radio pubblica svedese serve una nazione di cinque milioni di abitanti con quattro programmi nazionali, quattro minoritari in lingue estere, più di quindici stream solo Web e quasi trenta emissioni regionali diverse diffuse attraverso il canale P4.
Ieri il titolo Apple ha perso il 5% del suo valore in borsa perché gli analisti hanno commentato "negativamente" sulle prospettive di vendita dei computer Macintosh e dei supertelefonini iPhone. Secondo JPMorgan, per esempio, in questo trimestre Apple venderà "solo" 3,4 milioni di iPhone invece dei previsti 3,8. Nel primo trimestre dell’anno fiscale 2009, il primo per cui si hanno dati ufficiali, le unità iPhone vendute sono quasi 4,4 milioni. Al ritmo di 3 o 4 milioni di iPhone a trimestre, Apple sta costruendo comunque una discreta base di utenti capaci di accedere a contenuti radiofonici in diretta o in modalità podcast. Un accesso favorito dalla disponibilità di piani tariffari flat presso tutti gli operatori di telefonia mobile. Con Vodafone, tanto per non far nomi, con 60 euro al mese avrei 500 minuti di telefonate e 2 gigabyte di download tutto incluso. Un podcast di un’ora, a seconda del bitrate, può occupare una trentina di megabyte, ma diciamo che a 128 kilobit in stereo sono 60. In 2 GB starebbero 30 ore di podcast o flussi real time da scaricare, senza contare che in modalità podacast potrei caricare in 16 GB di memoria 120 ore di trasmissioni sul wi-fi qui in casa, senza preoccuparmi di costi aggiuntivi.
Possiamo già parlare di "radio digitale"? Se confrontiamo il dato di vendite di iPhone con le cifre di vendita dei ricevitori DAB in tutto il mondo (aggiungendovi quelle di apparecchi HD Radio), è quasi sicuro che gli iPhone siano ormai ben più numerosi. Ma l’elemento più importante è che l’iPhone, diversamente dai ricevitori DAB, si adattano meglio all’uso in mobilità e in auto e sono inoltre compatibili con la modalità di accesso asincrona che la tecnologia del podcasting ha reso possibile. Sì, si tratta pur sempre di un tipo di radiofonia diversa, di un consumo che non è completamente gratuito, anche se ci si avvicina parecchio, considerando che la radio via iPhone è pur sempre un valore aggiunto al costo del monte ore di telefonate che comunque dobbiamo corrispondere all’operatore. Senza quei 2 GB di traffico Internet il mio abbonamento Vodafone costerebbe 50 euro contro i 60. La radio digitale in reti 3G mi costerebbe insomma 10 euro al mese. 10 euro in cambio di una varietà di scelta che il DAB non mi darebbe mai e con una copertura di rete assai più capillare, almeno in Italia. Non potrei fare certi confronti se le reti DAB/DAB+ garantissero una copertura capillare e nelle case (e nelle automobili, ricordo che anche al Cebit di Hannover Blaupunkt ha presentato dei modelli di Internet car radio che si sintonizzano sugli stream attraverso la rete cellulare) fossero presenti dieci milioni di ricevitori digitali. Ma se il confronto lo facciamo tra la nicchia della radio su iPhone e la nicchia del DAB, non mi sembra ci siano dubbi su quale delle due abbia avuto il successo più convincente finora. Le cose possono sempre cambiare in futuro e non è detto che non sia proprio il telefonino a spiegare alla gente i vantaggi di una radiofonia di tipo alternativo. A quel punto, tuttavia, perché cambiare terminale?