Alla fine il T2 potrebbe essere un gigantesco flop. Se non addirittura un bel regalo agli OTT dello streaming video on demand.
I broadcaster (i grandi player nazionali e le maggiori tv locali) si stanno affannando a ritardare l’avvento del formato HEVC sulla scorta dell’insufficiente numero di famiglie dotate di televisori di nuova generazione, puntando ad “innovare”, al più, con l’introduzione del preistorico formato H264. Agevolando, così, gli OTT dello svod.
La progressione del numero delle smart tv e connected tv è impressionante ed è stata puntualmente fotografata da una ricerca Auditel di maggio 2021 (quindi molto recente) ed elaborata da FCP (Federazione Concessionarie Pubblicità) nel documento Advanced Tv che, coerentemente con le finalità dell’ente, l’ha applicata all’advertising. Sul punto, il grafico d’apertura è emblematico.
Punti di vista
In realtà la prospettiva della questione che vogliamo qui fornire è un’altra.
Lato famiglie: connected tv…
Sulla scorta della ricerca di base Auditel di maggio 2021, su un universo di 23,9 mln di famiglie televisive, 12,7 milioni erano quelle con tv connettibili (cioè associabili a dispositivi che consentono di utilizzare app e streaming video sul televisore, indipendentemente dal fatto che sia una smart TV) di cui 11 milioni effettivamente connesse.
… e smart tv
Sono, invece, 11,3 mln quelle smart tv connettibili (TV con connessione Internet integrata e piattaforma multimediale), di cui 9,2 connesse.
Lato apparati
A fronte di 42,3 mln di apparati tv, 17,2 erano connettibili e 15 effettivamente connessi, mentre 14,5 erano smart tv e, di queste, 12 connesse.
Chi acquista una smart tv, la usa
Prima considerazione: la stragrande parte di chi ha una connected tv o una smart tv, la connette effettivamente. Ciò, evidententemente, è conseguenza di un forte sviluppo delle connessioni nelle case (soprattutto a seguito della pandemia, che le ha rese indispensabili per smart working, DAD, P.A. digitale, ecc.) e dell’appeal dei contenuti fruibili via IP (altrimenti non vi sarebbe ragione di connettere una tv per fruire di contenuti già disponibili sul DTT). Chiaro che parliamo delle offerte dei servizi di streaming video on demand come Netflix, Prime Video, Disney, Rakuten, ecc.
Contenuti che, grazie alle potenzialità della rete, vengono offerti in HD e UHD.
Bene. Anzi, male
Il seme di un disastro – e questa è la seconda considerazione – considerato che, spostando nel tempo l’introduzione delle potenzialità del T2 nel tentativo di non perdere una quota di utenza tecnologicamente meno predisposta (si pensi solo all’assurda soluzione di introdurre il taglio della capacità trasmissiva da 1,5 MB per FSMA, tarato su mux T2/HEVC da 37 MBit/s, da utilizzare su vettori T1/H264 da 24 MBit/s), i broadcaster rischiano, viceversa, di perdere quella più evoluta. La quale, progressivamente, si fidelizzerà sui servizi OTT mondiali che solo in minima parte sono offerti dagli editori della tv tradizionale (con un modello ancora troppo dipendente dalla tv lineare).
La rincorsa verso il treno in corsa
Le offerte OTT di RAI e Mediaset sono infatti palesemente distanti anni luce da quelle dei superplayer dello streaming on demand. Certo, Mediaset si sta ultimamente affannando nel (vano) tentativo di recuperare il terreno perduto.
L’agnello che chiede ospitalità al lupo
Ma il meglio che è riuscita a fare è stato trovare spazio per il suo bouquet Infinity sulla piattaforma di Amazon (Prime Video). RAI è messa anche peggio, essendo ancora alle prese con problemi tecnici che paiono insormontabili alla sua utenza.
L’occasione (quasi) persa della HBBTV
Anche il vantaggio offerto dalla HBBTV, gate ideale dall’etere all’IP per garantire il connubio dei due modelli tv e grande facilitatore per una certa utenza, sembra relegato ad impieghi modesti. Tanto che, allo stato, la hybrid broadband broadcast tv sembra trovare maggiore considerazione da parte di alcuni editori radiofonici (oltretutto non nazionali) per lo sviluppo dei brand bouquet.