(FNSI.it) – Washington, 8 dicembre – A Chicago gli avvocati specializzati in bancarotta si aggirano nella redazione del Tribune. A Miami il prestigioso Herald è in cerca di acquirenti. E a Manhattan il New York Times in crisi di liquidità ipoteca l’asset più prezioso: il grattacielo di 52 piani di Renzo Piano sulla Ottava Avenue. Si prospetta un Natale di crisi per l’editoria americana, che non è in condizioni molto migliori dell’industria dell’auto in questi giorni al centro dell’attenzione.
Più del 20% del settore editoriale ha problemi finanziari, secondo le stime del Wall Street Journal, e il calo del 15% della pubblicità (cartacea e online) registrato dal settore nei primi nove mesi dell’anno non sembra solo il frutto della recessione. Gli analisti vedono una crisi strutturale e si aspettano una riorganizzazione complessiva, con fusioni, tagli e scelte dolorose. I media americani sono considerati da Wall Street ancora troppo frammentati: l’editore più potente, Gannet (UsaToday), controlla per esempio il 13,6% della circolazione
dei quotidiani e gli esperti vedono spazio per accorpamenti.
Non manca chi ipotizza per i media piani di salvataggio simili a quelli per i quali Detroit sta battendo cassa in Congresso, ma è una possibilità che appare lontana. Nel frattempo, di fronte all’emergenza, ogni gruppo tenta la propria strada. The New York Times Company, la società controllata dal clan familiare dei Sulzberger, ha affidato alla società immobiliare Cushman & Wakefield il compito di spremere soldi dal grattacielo di Piano, inaugurato lo scorso anno come nuovo quartier generale del quotidiano più influente d’America. La società possiede il 58% del grattacielo e i consulenti immobiliari dovranno trovare una serie di strumenti finanziari che portino al New York Times un’immediata iniezione di liquidità da 225 milioni di dollari, per far fronte ai costi di due linee di credito da 400 milioni di dollari l’una.
A Chicago invece Tribune Company, la società acquistata nel dicembre 2007 per 8 miliardi di dollari dal magnate immobiliare Sam Zell, sta valutando passi drastici. Il gruppo che controlla due tra i maggiori quotidiani americani, Los Angeles Times e Chicago Tribune, ha assunto gli esperti della società Lazard, e potrebbe ricorrere agli strumenti previsti dalle leggi sulla bancarotta per proteggersi dai creditori. La società non ha confermato ufficialmente le voci di bancarotta – diffuse da due concorrenti, New York Times e Wall Street Journal – e un portavoce di Tribune Co. si è limitato a dire che sono allo studio ”varie opzioni” e non è stata presa una decisione.
In Florida un altro gigante dei media, McClatchy, secondo indiscrezioni cerca acquirenti per il Miami Herald, offrendo non solo il quotidiano, ma anche il patrimonio immobiliare che lo
accompagna, a partire dalla sede del giornale affacciata sull’Oceano. Nel resto degli Usa, gruppi grandi e piccoli sono alle prese con scelte analoghe e con l’esigenza di tagliare i costi.
La situazione di crisi offre nel frattempo nuove opportunità a chi resta solido. È il caso per esempio della Cnn, reduce da una stagione elettorale che l’ha vista regina degli ascolti, con
conseguente aumento dei profitti pubblicitari. Il network fondato da Ted Turner nei giorni scorsi ha lanciato una sfida alla Associated Press e alla sua redazione planetaria (4.000
giornalisti sparsi in 243 uffici in 97 paesi del mondo). La CNN si offrirà come agenzia di stampa a basso costo ai giornali che ritengono l’abbonamento alla AP troppo costoso.
Nello stesso tempo, però, la stessa Cnn sta tagliando: ha fatto rumore nel mondo dei media americani l’annuncio che verrà cancellata l’intera redazione scienza e ambiente, compreso il responsabile Miles O’Brien, un veterano della CNN e uno dei volti più noti del network. (ANSA)