Il 2010 sarà ricordato come l’annus horribilis delle emittenti locali. In effetti, negli ultimi 12 mesi sono esplosi tutti gli errori da esse commessi da qualche anno a questa parte.
La debolezza nelle relazioni con Agcom e MSE-Com sulla pianificazione e assegnazione dei canali digitali aveva già mostrato l’enorme fragilità del comparto, che aveva avuto un guizzo, più d’orgoglio che di sostanza, solo a settembre, in occasione del teatrinesco abbandono del tavolo tecnico dell’AT3 davanti ad un abominevole PNAF. Un siparietto che aveva determinato una minirevisione del Piano tesa solo ad agevolare la conclusione del demolente lavoro ai danni dell’emittenza locale iniziato da Agcom e finito dal MSE-Com, con assegnazioni di diritti d’uso DTT e identificatori LCN condotte con un’approssimazione e una disparità di rara memoria. Un lavoro di sterminio, tanto rozzo quanto efficace, che si concluderà con l’attuazione del programma di ridestinazione dei canali UHF 61-69, nel cassetto del Ministero dal 2006, come ben noto agli operatori nazionali che da essi si erano infatti opportunamente scansati. E a concludere il bel quadretto sull’inettitudine delle locali, la decisione ministeriale, supportata da un parere Agcom che s’inabissa nell’inconsistenza tecnica e giuridica, che gli operatori di rete areali consorziatisi per vendere banda sull’intera penisola ai fornitori di servizi di media audiovisivi nazionali sarebbero inadatti allo scopo, al punto che presto quel che resta del governo “del fare” (come noto indifferente agli interessi dei grandi gruppi tv) tradurrà in norma cogente l’assurdo orientamento. Conseguenze devastanti tutte figlie della scellerata decisione delle emittenti locali di allearsi con le nazionali nell’utopica pretesa di risolvere insieme problemi in realtà agli antipodi. “Chi cerca di realizzare il paradiso in terra, sta in effetti preparando per gli altri un molto rispettabile inferno”, scriveva Paul Claudel nella prima metà del secolo scorso.