È quasi mezzogiorno di un assolato e tiepido venerdì settembrino a Milano. È l’ora in cui i milanesi, correndo e con l’occhio all’orologio, escono dagli uffici per andare a mangiar qualcosa, in fretta e furia, prima di far rientro in ufficio. C’è piazzaCadorna solo 500 metri più in là, affollata a caotica. Qui regna il silenzio, la pace, la tranquillità, nonostante lo stuolo di fotografi assiepati ed i set televisivi predisposti. C’ è un po’ di gente, non troppa, nell’ordine di poche centinaia di persone. Stamattina ce n’erano molte di più, c’era la fila, dice una delle guardie che controllano l’ingresso della Triennale, dove oggi è stata allestita la camera ardente perché Milano potesse dire addio a Mike Buongiorno, nato in America, torinese di origini ma milanese d’adozione. Da tempo, infatti, il padre fondatore della tv italiana viveva nel capoluogo lombardo dove, negli ultimi trent’anni, si era trasferito anche lavorativamente, dopo aver accettato la corte di Berlusconi e portato in auge le sue reti private, vincendo abbondantemente la sua scommessa. Erano i primissimi anni ottanta. C’era silenzio, dicevamo. nonostante il rombo di qualche macchina, sulla trafficata viale Alemagna, ogni tanto rompesse questa quiete. C’era serenità, ecco, c’era serenità. E c’erano tante persone di una certa età, ma non solo, anche giovani, ragazzini ed imprenditori con ventiquattr’ore ed auricolare, e c’erano tanti giornalisti. C’era anche qualche straniero, turista, accorso qui per visitare le mostre Triennale. "Que pasa aqui? Porquè hay tanta gente? Quien es esto Mike Bongiorno?". Mike Bongiorno è uno di quei personaggi che più hanno contribuito a creare e modificare l’immaginario collettivo italiano, abbracciando 3-4 generazioni, forse di più. Fila, all’ora di pranzo, non ce n’è, si scorre. Si entra dentro, accompaganti da una musichetta da telequiz, romantica, triste ma al tempo stesso distensiva, sempre uguale a se stessa. Si attraversa il lungo corridoio e si giunge sino al feretro, chiuso (forse per volontà della famiglia), abbracciato da una bandiera con su scritto "allegria" e poi due piccoli, anonimi, mazzi di fiori. Al di là della piccola recinzione, la famiglia: la moglie Daniela e i tre figli, il più grande dei quali è la fotocopia perfetta di Mike. Tra di loro spunta un anonimo Fiorello, serio, in abito e occhiali scuri. insolitamente taciturno, mentre la moglie Susanna dialoga con Daniela ed i figli di Mike. Alle loro spalle, un maxischermo manda in onda random immagini della vita del presentatore: dalle foto di quand’era partigiano fino alla laurea honoris causea ricevuta qualche anno fa allo Iulm, con Fiorello ad intervistarlo. e poi i Lascia o Raddoppia, le immagini delle telepromozioni sempre con il comico siciliano, e le immagini di famiglia. Accompagante da questa musichetta triste e dalle facce serie ma apparentemente rilassate delle persone, queste immagini ricostruiscono un’atmosfera strana, televisiva. Per uno scherzo del destino, le centinaia di persone che vi si avvicinavano, vedevano Mike esattamente come per decenni l’avevano visto: attraverso uno schermo. E se il destino dei personaggi come lui è quello di non morire mai, di restare vivo nell’immaginario collettivo, ecco, pareva proprio che Mike fosse lì, come 3 giorni fa, come dieci, cinquant’anni fa. Dopo pochi minuti d’assiepamento, le guardie del corpo chiedono cortesemente alla gente di delfuire per favorire il passaggio delle altre persone. Andiamo via, distesi. Domani al Duomo si terranno i funerali in forma solenne. E sarà l’ultimo addio di Milano a Mike. Allegria. (Giuseppe Colucci per NL)