Se del beauty contest si sono perse le tracce (l’UE non doveva esprimersi ben prima di fine maggio sulla bozza di Romani?), non va meglio per la gara per il dividendo esterno.
Infatti, i telefonici hanno fatto sapere che se il governo non darà garanzie certe sull’immediata liberazione dei canali 61/69 UHF, non solo Tremonti si sognerà i 2,4 mld di euro d’introiti per l’assegnazione di tali frequenze tv per il potenziamento della banda larga mobile (che aveva avventatamente inserito nel bilancio 2011), ma è addirittura possibile che l’asta stessa vada deserta. E se sulla gara non competitiva per l’assegnazione del dividendo interno, tutto sommato, al governo può pure andar bene che si ritardi, posto che l’assegnazione di tali frequenze segnerà l’ingresso sul DTT di editori politicamente non graditi e pericolosamente concorrenziali per i superplayer italiani, su quello esterno i risvolti sono profondamente diversi. I colli di bottiglia sempre più frequenti che preannunciano il collasso delle connessioni internet in mobilità, a causa dell’esponenziale diffusione di tablet pc e smartphone, sta facendo infuriare i cittadini che accusano Berlusconi di aver relegato l’Italia a fanalino di coda nella graduatoria europea della diffusione della banda larga per potenziare oltremisura la tv. Ergo, se vuole uscire da questa ennesima tragica empasse, l’esecutivo dovrà trovare il modo di venire incontro alle richieste delle emittenti locali che occupano i canali 61/69 UHF (e non solo loro, invero, visto che tutte le frequenze dovranno essere riassegnate). Diversamente, gli operatori inonderanno di ricorsi i TAR. Con buone probabilità di successo, visti i pastrocchi amministrativi fin qui commessi dal dicastero di Paolo Romani.