Edi Pinatto non ricoprirà più l’incarico di magistrato. Ma è ben poca consolazione a fronte di mafiosi a piede libero. Parlammo della storia del giudice Edi Pinatto qualche mese fa.
Pinatto ci mise ben 8 anni a depositare la sentenza e, grazie alla sua negligenza, nel frattempo, gli uomini di Cosa Nostra – favoreggiatori di Bernardo Provenzano – venivano messi in libertà. Tra questi Giuseppe Lombardo, Carmelo Barbieri, Maria Stella Madonia e Giovanni Santoro. Un intervento era stato sollecitato dall’ex ministro della Giustiza Clemente Mastella e dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: “Mai più fatti come quello di Gela – aveva detto il capo dello Stato – episodi del genere minano il prestigio della magistratura e la fiducia che in essa ripone il cittadino”. Richieste che in un primo tempo erano sembrate cadere nel vuoto, dopo che il Csm aveva respinto la richiesta di sospensione d’urgenza dal servizio del giudice (poi passato dalla magistratura giudicante a quella requirente), perché Pinatto aveva nel frattempo depositato le motivazioni delle sentenze attese da 8 anni, e perché di lì a poco la questione sarebbe passata alla Cassazione. A chiedere la sanzione, la più grave per i magistrati, è stata proprio la Procura generale della S.C., rappresentata da Eduardo Scardaccione, nel processo davanti alla sezione disciplinare del Csm che ha peraltro deciso di rimuoverlo dall’ordine giudiziario perchè “incompatibile con la funzione del magistrato”. Inoltre il suo ritardo è stato considerato “gravissimo, ingiustificato e ha provocato danni irreversibili, violando l’essenza stessa della funzione giurisdizionale, la sostanza a cui si lega l’immagine, la credibilità della magistratura”. Sintomatiche della linea difensiva le parole del difensore di Pinatto: “La gravità del danno c’è stata, ma occorre tenere conto del carico di lavoro a cui è stato sottoposto il magistrato. Alla fine è andato nel pallone”. (M.P. per NL)