Ma come, non eri contrario alla radio digitale? E allora perché sembra che questo FMeXtra ti abbia quasi entusiasmato?
Forse alcuni lettori di Radiopassioni hanno macinato tra sé e sé questi interrogativi. O più probabilmente se ne fregano altamente e me li sto ponendo solo io. In ogni caso mi sembra giusto rispondere, anche per fare più chiarezza dentro a quello che provo.
E’ vero, io non sono mai stato un grande fautore della radio digitale, ma non posso neanche far finta che il fenomeno non esista e che non rischi di prendere seriamente piede. Il mio punto di vista è più complesso di altri perché non sono uno di quelli che si limita ad ascoltare e amare genericamente la radio. Quando ascolto segnali molto distanti, ogni tipo di interferenza mi preoccupa e la radio digitale locale può essere una interferenza molto seria quando trasmette su frequenze che analogico e digitale si trovano ancora a condividere. Per questo motivo, ma non solo per questo motivo, non appartengo al partito degli scettici nei confronti di tecnologie off-band come il DMB. “Ah ma bisogna acquistare una radio nuova”, dicono in tanti. Di per sé questo non sarebbe un problema e del resto come si farebbe di grazie a non acquistare una radio nuova se la vecchia risulta incompatibile? Quando l’FM è stata inventata tutti hanno dovuto acquistare una radio nuova, è solo questione di domanda e offerta: se l’investimento porta a significativi vantaggi, si investe anche pagando l’iniziale tassa dell’innovazione (ogni prima generazione tecnologica costa più della seconda, ogni seconda più della terza e così via). Giustamente, sono i proprietari delle emittenti a veder male il DMB, perché per loro i costi sono davvero importanti e il passaggio rappresenta un vero salto nel buio: chi ti ripaga se accendi il DMB e poi la gente non ti ascolta?
Il vero punto è che anche mettendo da parte i miei “particulari” interessi di DXer, la radio digitale per come è stata pensata fin qui continua a sembrarmi una soluzione fasulla per un problema reale: la dissaffezione per la radio, la migrazione dei giovani verso modalità di consumo di contenuti che gravitano intorno a Internet. Gli standard radio digitali finora sembrano solo una misura cosmetica, una vernice che ricopre una incapacità più strutturale. Non sono i fruscii e le porcherie in altoparlante ad allontanare il pubblico: è la noia. Proviamo a reinventare la programmazione radiofonica, proviamo a gestire lo spettro analogico come una risorsa aperta a tutti, proviamo a intervenire sull’industria dei terminali (non su pochi privilegiati costruttori di antenne) e forse ci renderemo conto che mentre sperimentiamo uno standard digitale dopo l’altro, la radio che conosciamo funziona benissimo (tecnicamente) ma viene abbandonata per un mezzo che, paradossalmente, piace non perché funziona bene tecnicamente (il software per Internet può essere un incubo di complicazioni) ma perché il pubblico ci trova quello che cerca. Il rischio evidentissimo è che proprio mentre la radio cerca affannosamente uno standard di cui forse non ha poi tanto bisogno, Internet cattura milioni di anime. Se continua così IBOC e company finiranno per digitalizzare il white noise.
Detto questo, veniamo al punto di FMeXtra e al perché dovrebbe piacermi più di altre tecnologie. Una volta chiarito che le tecnologie in-band mi sembrano destinate a determinare una fase di convivenza reciproca imposta dall’alto e che non farà bene a nessuno, vediamo di capire con quali scelte abbiamo a che fare. Una tecnologia originariamente non ibrida come il DRM, utilizzata In Band è pura violenza nei confronti dello statu quo. Sulle onde medie è un’idea cervellotica gettata in un medium scomparso dalla memoria collettiva insieme alle ultime bisnonne. Non posso escludere che ci sia un valido business case nel rivitalizzarlo e non posso neanche negare che nel daytime la copertura raggiunta ha un bilancio di efficienza più interessante rispetto all’AM analogica. I problemi su queste frequenze sorgono quando il sole va a dormire e la ionosfera fa rimbalzare i segnali a lunga distanza. Se consideriamo le esigenze di servizio su scala nazionale, dimenticando l’ottica globale del DXer, forse uno spettro AM completamente digitale è gestibile con le opportune protezioni. Ma con quali costi complessivi rispetto a uno spettro analogico gestito meglio? E con quali vantaggi in termini di accessibilità, numeri di canali, reale beneficio per gli utenti? Non dimentichiamo che in onde medie parliamo pur sempre di un migliaio di kHz! Di canalizzazioni a 9 kHz. Voglio dire che forse non ha molto senso cancellare un canale analogico, mettere al suo posto un canale digitale (o due di cattiva qualità?) e spendere per tutto questo un bel po’ di soldi in impianti nuovi che ancora nessuno può ascoltare per mancanza di terminali. Non sono un economista ma l’idea di aprire piuttosto la banda a grandi numeri di stazioni analogiche locali a bassa potenza potrebbe essere più sensato.
Tornando all’FM diversamente dallo spettro televisivo (la cui digitalizzazione coinvolge un minor numero di operatori verosimilmente più ricchi), la banda accoglie una quantità notevole di editori. Il primo obiettivo è di non strangolarli con tecnologie troppo costose e possibilmente il secondo è quello di non chiudere gli spazi per nuovi entranti, locali, regionali o nazionali che siano. Insomma, l’idea è quella di fare un generale passo avanti, non di rovinare una cosa che con molti limiti sembra funzionare bene. Se la radio digitale permette di realizzare entrambi gli obiettivi ha senso, se no è meglio studiare l’ennesimo percorso alternativo. FMeXtra è una tecnologia In Band ma la sua filosofia è molto diversa da HD Radio. Quest’ultimo sistema è pensato per dare una certa continuità attraverso la sua natura ibrida. Ma la componente digitale e quella analogica vengono integrate a patto di una pesante occupazione di spettro, progettata non a caso in un sistema normativo che impone, tra una stazione e l’altra, spazi sconfinati di qualche centinaio di kiloHertz. FMeXtra parte dalle occupazioni di spettro reali e cerca di spremere il digitale dove l’analogico lascia ancora un po’ di spazio libero. Probabilmente basta intervenire sulla selettività dei ricevitori (oggi francamente irrealistica) e sul pre-trattamento audio usato dalle emittenti, per assicurare una protezione ancora più robusta contro le interferenze adiacenti. Un approccio dolce, potremmo dire, che non impone forti investimenti per chi trasmette, offre al mercato della produzione di terminali un percorso più lineare e riesce comunque a dare a chi la vuole una chance per aumentare l’offerta in termini di programmi sintonizzabili su un singolo canale. Detta così mi sembra molto più accettabile di un ibrido invasivo come HD Radio e di un non-ibrido come il DRM (che forse avrà pensato di poter imitare le modalità televisive del DVB-T, seguendo cioè la strategia dello switch-off per l’analogico). Poi forse c’è anche un elemento di simpatia nei confronti di un marketing così sommesso, pragmatico e poco aggressivo.
Per chi cerca di praticare anche un poco di FM DX, FMeXtra rimane pur sempre una fonte di potenziale disturbo perché la quantità di informazione presente in banda implica per forza dei canali più corposi e rischia di vanificare l’uso di filtri di media frequenza molto stretti. Lo spazio libero dalle interferenze si ridurrà ulteriormente, ma forse (dico forse) in misura inferiore a quella associata alle altre tecnologie In Band. Lo sapremo solo stando alla finestra per guardare chi e in quanti seguiranno l’esempio di Rete Otto. La cosa che deve essere chiara è che al di là del dibattito digitale sì, digitale no, in gioco c’è il futuro della radio in senso ancora più profondo e quello delle sue modalità di fruizione. Ripeto che sarebbe un errore madornale – tipicamente ingegneristico – pensare che tutto si risolva digitalizzando una modulazione e inventandosi un logo accattivante.