L’utopico d.d.l. di riassetto del sistema televisivo italiano sembra ormai non avere alcuna speranza di venire alla luce. La doccia fredda è arrivata venerdì scorso dalla conferenza dei capigruppo, che ha deciso di non calendarizzarne il testo nel programma trimestrale dei lavori: sino a questo momento, infatti, le Commissioni cultura e trasporti di Montecitorio hanno approvato quattro articoli su otto.
La prova evidente di tale diniego è contenuta nella Finanziaria 2008, dove il termine di legge per la migrazione definitiva al digitale terrestre slitta dal 2008 al 2012. Molto deluso è il ministro alle Comunicazioni Paolo Gentiloni (foto), che, obtorto collo, deve incassare anche il rifiuto della Commissione europea alla richiesta italiana di proroga dei termini per la possibile apertura di una procedura di infrazione relativa al nostro sistema televisivo. La decisione della conferenza dei capigruppo non ha tenuto conto delle sollecitazioni che lo stesso ministro aveva esplicitamente posto al Presidente della Camera, Fausto Bertinotti, anche alla luce dell’ultimatum europeo che aveva fissato al 20 settembre il termine ultimo entro il quale riservarsi di presentare ricorso alla Corte di Giustizia Europea contro l’Italia, ritenuta essere in violazione delle norme europee in tema di concorrenza sleale. Qualora venisse condannata, l’Italia rischierebbe di pagare una multa parecchio salata. L’incertezza sull’approvazione del provvedimento, infine, ha spinto il governo a far slittare lo switch off dalla tv analogica a quella digitale dal 2008 al 2012. A novembre, inoltre, la Corte di Giustizia europea si esprimerà nuovamente sulla spinosa questione che riguarda Rete 4, che per alcuni occuperebbe, oramai da anni, abusivamente le frequenze che spetterebbero alla tv fantasma Europa 7 (il condizionale è più che mai d’obbligo, viste le discutibilissime modalità che hanno condotto alla graduatoria dei concessionari nazionali che al finire del secolo scorso la videro vincitrice). Non ricorderemo quindi Gentiloni per una legge di riforma, ma come uno dei tanti ministri (alle Comunicazioni) poco comunicativi (è suo il famoso ufficio stampa che non risponde ai giornalisti!) e distratti rispetto alle vere necessità del sistema radiotelevisivo italiano. Pazienza, sarà per un’altra volta. (Paolo Masneri per NL)