E’ all’unanimità che il governo approva il disegno di legge “concernente disposizioni per la disciplina del settore televisivo nella fase di transizione alla tecnologia digitale” del Ministro delle comunicazioni Paolo Gentiloni. Una riforma che ambisce (un po’ utopicamente, invero) a rivoluzionare non tanto il passaggio dell’intero sistema televisivo al digitale terrestre, ma piuttosto la gestione dello spettro radioelettrico. Il testo del Ddl Gentiloni prevede che le televisioni nazionali dismettano gli impianti analogici per migrare sul digitale terrestre per liberare frequenze (oggi Rai, Mediaset e Telecom ne occupano dodicimila) allo scopo di facilitare l’ipotetico ingresso nel mercato di nuovi editori. Se il Ddl diverrà legge nei termini oggi proposti, entro 15 mesi dalla pubblicazione in G.U. Rai e Mediaset dovranno trasferire sul digitale terrestre una delle rispettive tre reti (si suppone Raitre e Rete 4) affinché le frequenze occupate possano essere riassegnate. “Sarà una migrazione, non una misura punitiva” – assicura in un improbabile tentativo di tranquillizzare gli animi esagitati da un Ddl traumatico per l’assetto del sistema televisivo italiano – Gentiloni, che sulle modalità del trasferimento aggiunge: “Per le frequenze acquisite sulla base del trading delle frequenze consentito dalla legge del 2001 sarà disposto un dovere di vendita perché sarebbe discutibile che lo Stato nel 2001 stabilisce un principio che legittima l’acquisto delle frequenze e nel 2006 dice me le devi restituire. Viceversa, le frequenze utilizzate di fatto vengono restituite e saranno messe a gara dallo Stato. Così l’Italia comincerà a assomigliare a un paese normale”. Per quanto riguarda la raccolta pubblicitaria, il Ddl prevede un nuovo tetto: le tv nazionali non potranno superare il 45% delle risorse pubblicitarie del mercato e nel calcolo verranno incluse anche le televendite che la legge Gasparri aveva escluso. “I soggetti che sono in posizione dominante non diventano oggetto di multe e sanzioni” ha detto il ministro “ma a loro si applica una diversa misura di riduzione dell’affollamento orario della pubblicità dal 18 al 16%. Obiettivo dell’indicare questa misura al posto di normali misure antitrust che spesso sono megamulte è che questa misura al contrario di sanzioni ha un evidentissimo effetto redistributivo”. Nuove norme riguardano anche l’Auditel: “Il soggetto controllore” dice l’articolo 4 del ddl Gentiloni, “deve assicurare la propria indipendenza rispetto alle televisioni. Se fra i soci della nuova Auditel ci saranno anche imprese tv, il loro peso nel consorzio dovrà essere equo, senza cioè posizioni dominanti”. Con il Ddl approvato oggi, al fine di rimuovere norme della legge Gasparri ritenute ormai superate, scompare il SIC, ovvero il Sistema di Comunicazione Integrato, che diluiva i termini di accaparramento della raccolta pubblicitaria considerandoli in relazione ad un unico bacino nel quale confluivano anche satellitare e digitale terrestre. L’ex premier, a Campobasso per la campagna elettorale regionale, tuona contro l’ipotesi che il governo tolga una rete a Mediaset: “non ci credo – ha affermato “non ci credo perché sarebbe un atto di banditismo e non sarebbe più una democrazia un paese in cui una parte politica andasse al governo e intendesse colpire l’avversario politico attraverso le sue aziende e le sue proprietà private. Non ci credo”. “Berlusconi a volte non si ricorda se è un leader politico o un proprietario di tv”, è la replica del ministro per i Rapporti con il Parlamento, Vannino Chiti: “Se l’avesse compreso e se avesse praticato questa distinzione sarebbe stato meglio per tutto il Paese”. Il sì del Consiglio dei ministri sposta ora la battaglia sul Ddl Gentiloni in Parlamento, dove, assicura il ministro, il governo ha la “massima apertura per quanto riguarda l’iter parlamentare del ddl sulle tv, ma l’obiettivo deve rimanere quello di un’apertura del mercato televisivo”. Al di là dei commenti entusiastici del Centro-Sinistra, appare molto difficile che il Ddl trovi piena conferma, nella sua rivoluzionaria portata, in Parlamento. (TL per NL)
Il Consiglio dei Ministri ha approvato all’unanimita’ il disegno di legge di riforma dedicato alla tv nel passaggio al digitale terrestre, presentato dal Ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni.
L’ex premier tuona contro l’ipotesi che il governo tolga una rete a Mediaset: “non ci credo – ha detto Silvio Berlusconi, a Campobasso per ragioni elettorali – sarebbe un atto di banditismo e non sarebbe più una democrazia quel Paese in cui una parte politica andasse al governo e intendesse colpire l’avversario attraverso le sue aziende e le sue proprietà private. Non ci credo”.
IL DDL GENTILONI – ”Disegno di legge concernente disposizioni per la disciplina del settore televisivo nella fase di transizione alla tecnologia digitale”: con questa definizione la riforma disegnata dal Ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni, arrivata questa mattina in Consiglio dei ministri a Palazzo Chigi.
”Si stabilisce posizioni dominanti per i soggetti che superano la soglia del 45 % delle risorse” – ha detto il Ministro Gentiloni presentando il ddl – ”Le tv non diventano poi oggetto di multe e sanzioni, ma a loro si applica la misura di riduzione dell’affollamento orario della pubblicita’ dal 18 al 16%. Obiettivo di questa misura al posto delle multe, e’ che – ha aggiunto il ministro – ha un evidentissimo effetto redistributivo che e’ l’obiettivo virtuoso”.
Il ddl prevede il trasferimento di una rete analogica sul digitale entro il 2009 per Rai e Mediaset. ”E’ una misura che incentiva una migrazione, non una misura punitiva”. Più precisamente, ha sottolineato Gentiloni, la migrazione di una rete Rai e di una rete Mediaset avverranno entro i 15 mesi successivi alla conversione in legge.
MEDIASET, UNA LEGGE CONTRO UN’AZIENDA – “Per anni sono state criticate leggi definite ‘ad personam’, oggi il governo ne ha presentata una ‘contro un’aziendà che appare tagliata su misura come vendetta politica”. E’ il commento di Mediaset al ddl Gentiloni varato oggi dal consiglio dei ministri. “Si tratta di un disegno senza respiro di sviluppo – si legge in una nota di Cologno Monzese – basato su interventi contingenti che appaiono ispirati da una prospettiva retrograda.E tutto questo è ancora più nocivo in una fase di mercato in cui i media mondiali sono scossi da un profondo e repentino cambiamento. Confidiamo che il dibattito parlamentare – conclude Mediaset – restituisca credibilità alla proposta”.
E’ GIA’ GUERRA
La materia televisiva si conferma ancora una volta rovente, e il disegno di legge di riforma del Ministro delle comunicazioni Paolo Gentiloni, approvato oggi dal Consiglio dei ministri all’unanimita’, agita l’opposizione ai limiti dell’insulto, viene bocciato da Mediaset, incontra la preoccupazione di alcuni sindacati che temono per l’occupazione. Mentre Gentiloni spiega che e’ un ddl che ha l’obiettivo di aprire il mercato e fare ‘dell’Italia un paese normale’.
Con lui dal governo Enrico Letta parla di ‘un testo molto equilibrato che permettera’ al Parlamento di discutere e di fare una buona riforma’. ‘Se ci tolgono reti e’ banditismo’, sintetizza il leader dell’opposizione Silvio Berlusconi, e subito il ministro gli risponde: ‘Il banditismo non e’ il mio settore’ e in serata aggiunge: ‘chi ha responsabilita’ politiche importanti non puo’ usare parole cosi’ guerresce’. Ma Berlusconi rincara la dose: ‘Non possiamo considerarci una democrazia’. Dalla maggioranza risponde Giulietti: ‘E’ un estremista’, mentre Chiti sottolinea che ‘a volte Berlusconi non si ricorda se e’ un leader politico o un proprietario di reti tv’. In serata parla anche il presidente del consiglio: ‘Mi sembra una buona riforma quella avanzata dal progetto proposto oggi dal ministro Gentiloni – dice Romano Prodi – prima di tutto perche’ pone rimedio a un vulnus non solo tecnico ma anche giuridico, rilevato sia dall’Autorita’ garante per le Tlc sia dalla Corte Costituzionale ‘. E spiega il premier che ‘come ogni disegno di legge sara’ oggetto di un approfondito e doverosamente ampio confronto in Parlamento’. Insomma a suo avviso ‘e’ un provvedimento di liberalizzazione che soddisfa le esigenze di concorrenza e pluralismo del mondo radiotelevisivo italiano’. Mediaset parla di una legge ‘contro un’azienda che appare tagliata su misura come vendetta politica’.
Per Cologno monzese, e’ ‘un disegno senza respiro di sviluppo basato su interventi contingenti che appaiono ispirati da una prospettiva retrograda’. Emilio Fede invece pensa che si tratti di un ‘regalo politico’ a Berlusconi. Replica il Ministro: ‘Certo quando c’e’ piu’ concorrenza capisco che un’azienda che si trova in una posizione dominante si puo’ sentire danneggiata. Ma nel medio-lungo periodo la riforma, aprendo il mercato, avra’ risvolti positivi anche per Mediaset’. I commenti piu’ aspri vengono da Forza Italia, con Cicchitto che parla di vendetta politica, per Lainati e’ una dichiarazione di guerra, mentre Bondi annuncia iniziative non violente contro la legge. Schifani da parte sua spiega che ‘Il Governo Prodi, con la cosiddetta riforma Gentiloni, vuole solo togliere una rete a Mediaset. E’ un gravissimo atto di incivilta’ legislativa’. Il presidente della Vigilanza Rai Mario Landolfi, parla di una legge ‘contra personam’, una controriforma, da parte di una maggioranza di governo ossessionata dal duopolio. Il suo partito da’ vita ad un comitato che seguira’ l’iter della legge in Parlamento e il ‘padre’ della riforma che questo testo in parte cancella, Gasparri, sentenzia che non passera’ mai. Promette un esame attento l’Ucd con il segretario Cesa.
Dalla maggioranza le prime critiche vengono nel corso della riunione del Consiglio dei ministri, dove alla fine della discussione vengono apportate alcune modifiche per le proposte avanzate da Di Pietro e il ddl passa all’unanimita’. ‘C’e’ stata una conclusione unitaria, importante, dopo una discussione che portato a precisare, mi auguro migliorare, alcuni elementi del testo. Questo grazie alle sollecitazioni venute dai colleghi, e in particolare di Di Pietro’, chiosa il Ministro Gentiloni, al termine del Cdm. Il Ds Cuillo spiega che ‘la nuova proposta di disciplina del settore televisivo proposta dal ministro Gentiloni e approvata oggi dal Consiglio dei ministri e’ un segno di svolta, che si propone di modernizzare il sistema televisivo e di offrire a tutti gli operatori del settore migliori condizioni per la loro attivita”. Il verde Pecoraro Scanio, sostiene che ‘La riforma del sistema televisivo non vuole penalizzare nessuno, ma rispondere alle esigenze di riportare il settore all’interno della legalita’, come chiedevano le sentenze europee e della Corte Costituzionale’. Folena spiega che ‘La riforma del settore radiotelevisivo approvata dal governo e’ una necessita’ che il Paese avvertiva da tempo, la risposta all’esigenza di tutelare il pluralismo imposta dalla costituzione ed infine una norma che risponde ai principi liberali ed europei’. Primo appuntamento istituzionale per il Ministro e la sua riforma sara’ in Commissione di Vigilanza mercoledi’ prossimo.