Si sono tenuti ieri, nel capoluogo lombardo, presso la Basilica di San Pietro in Sala, i funerali di Don Leonardo Zega, morto lo scorso 5 gennaio all’età di 81 anni, per un infarto.
Era da poco tornato da un pellegrinaggio alle pendici del monte Sinai, in Egitto, luogo sacro della cristianità, dove si narra Dio donò a Mosè le tavole della legge. Era stanco, provato, ammalato. Così lo descrivono i suoi colleghi della redazione di “Club 3 – Vivere in armonia”, il periodico cattolico dedicato agli over 50 che da qualche tempo Don Zega (foto) era stato chiamato a dirigere, dopo il suo reintegro nella casa editrice Edizioni Paoline, di cui a lungo era stato il totem, amministratore delegato e direttore della più importante tra le pubblicazioni, “Famiglia Cristiana”. Don Leonardo Zega era andato a far visita alla redazione la mattina del 5 gennaio, quella stessa sera si è spento nella sua casa milanese. Nato nel 1928, aveva preso i voti nel 1954 e da subito si era dedicato al giornalismo, entrando a far parte dell’organigramma delle Edizioni Paoline, in cui aveva ricoperto diversi ruoli. Giornalista professionista, aveva scritto per “Orizzonti” e per “Famiglia Cristiana”, di cui era stato direttore dal 1980 al 1998, quando fu costretto a gettare la spugna a causa dei continui contrasti con la Santa Sede e con l’allora segretario della Cei, Camillo Ruini. Troppo “provocatorie” erano state considerate le sue posizioni, gli era stato dell’eretico, addirittura. In realtà l’unica colpa di Don Leonardo Zega era stata quella di aprire una porta, di parlare, dialogare di problemi veri, non chiudendosi in un sordo mutismo bacchettone e paternalista come molti nella Chiesa avrebbero voluto e ritenuto opportuno per il suo ruolo. Già, perché il suo ruolo, nell’ambito cattolico, era di primissimo piano. Se è vero, infatti, che i vertici della Cei dettano le linee giuda, la condotta da seguire in ambito religioso, Don Zega aveva avuto per lungo tempo un potere che andava al di là: quello del rapporto diretto coi fedeli ed anche con i non fedeli, con una grossa fetta di italiani che avevano scelto il suo giornale, divenuto durante la sua direzione, il più letto d’Italia. Pensate: punte di 2 milioni di lettori ed una media di 1,5 alla settimana. Il potere persuasivo di “Famiglia Cristiana” e del direttore che ne decideva la linea editoriale era immenso. E Don Zega aveva deciso di esercitarlo in modo reader-oriented e non business-oriented, nel senso che le sue posizioni erano più vicine ai problemi quotidiani del suo lettore che ai dettami istituzionali della madre Chiesa. Nella sua celebre rubrica “Colloqui col padre”, aveva trattato temi che il suo editore, la Chiesa di Roma, riteneva scabrosi, intrattabili, tabù. Dall’omosessualità ai rapporti prematrimoniali, dall’aborto, alla pillola alla rivoluzione sessuale. Senza necessariamente tenere posizioni, per così dire, progressiste, anzi, ma il solo fatto di parlarne, di mostrare un’apertura che le gerarchie non richiedevano ed osteggiavano, avevano fatto di Don Zega un liberal troppo spregiudicato per essere lasciato libero d’esprimere le sue idee. E così, dopo anni di dissidi, nel 1998, il giorno del suo settantesimo compleanno, il sacerdote di Sant’Angelo di Pontano, in provincia di Macerata, aveva abbandonato la sua poltrona, dapprima commissariata e poi riservata al suo vecchio vice, Don Sciortino. Parecchi anni d’anonimato, poi la chiamata a “Club 3 – Vivere in armonia”, accettata con entusiasmo. Ma probabilmente a ottant’anni lo stress di tornare a dirigere un giornale era stato troppo. Si è spento tre giorni fa, oggi ad Alba la tumulazione della salma. (G.M. per NL)