L’IA può aiutare gli artisti ed editori a migliorare la qualità del loro lavoro, purché nel rispetto del diritto di copyright. Tuttavia, il rischio è che i contributi di artisti e giornalisti (in questo caso) finiscano in pasto a ChatGPT e software analoghi per il loro addestramento. Senza però che da questo sfruttamento derivi un riconoscimento economico ai titolari dei diritti.
S.O.S. copyright
Avevamo appena finito di celebrare la (sospirata) approvazione da parte di Agcom del regolamento in materia di determinazione dell’equo compenso per l’utilizzo online delle pubblicazioni di carattere giornalistico, ed ecco che il problema della violazione del diritto d’autore (o più in generale del copyright) torna in auge.
Questa volta, a minare l’intero comparto editoriale (e qualsiasi industria che supporti la proprietà intellettuale) sono l’IA e i suoi Chatbot, esplosi negli ultimi mesi.
Tutto in pasto a ChatGPT e software IA
Il problema percepito dagli editori è reale: ancora una volta il rischio è che i contributi giornalistici finiscano in pasto a ChatGPT e software analoghi per il loro addestramento. Senza però che da questo sfruttamento derivi un riconoscimento economico ai titolari dei diritti.
Le fonti di ChatGPT per l’addestramento
A lanciare l’allarme è stato Francesco Marconi, giornalista computazionale e co-founder della società Applied XL, che con un semplice prompt a ChatGPT ha svelato le principali testate giornalistiche su cui il software di OpenAI ricava le nozioni per l’addestramento.
This is not an exhaustive list
Come risulta evidente dall’immagine sopra, la lista delle fonti di notizie comprende i grossi gruppi editoriali e testate di spessore; ma l’IA ammette che si avvale di molti altri (“this is not an exhaustive list”).
Quali accordi con gli editori?
E qui arriva il tasto dolente: viene riconosciuta una remunerazione “equa” agli editori? Quali e che tipo di rapporti commerciali sono stati siglati? Probabilmente nessuno, visti anche i precedenti nella causa Getty Images e Stable Diffusion.
Scraping dei dati
Lo stesso Marconi nel suo post su Twitter chiosa: “ChatGPT è addestrato su una grande quantità di dati di notizie provenienti dalle migliori fonti che alimentano la sua intelligenza artificiale. Non è chiaro se OpenAI abbia accordi con tutti questi editori. Lo scraping dei dati senza autorizzazione violerebbe i termini di servizio degli editori”.
Forte incertezza per il comparto editoriale e musicale
Dal settore editoriale all’industria musicale, discografica e dei media in generale, tutte le società che da sempre si battono per far rispettare il diritto d’autore e diritti connessi, si trovano in un momento storico di forte incertezza.
L’espressione creativa umana va tutelata
“Il sistema del diritto d’autore è sempre stato intimamente associato all’incoraggiamento della creatività umana. Questa espressione creativa umana è al centro dell’industria […] e il mantenimento di livelli adeguati di protezione del diritto d’autore è fondamentale per questo”, scrive in un articolo di Agenda Digitale Enzo Mazza, ceo FIMI (federazione industria musicale italiana), molto attento alla tematica legata all’utilizzo e allo sviluppo dell’IA nel settore musicale.
Stop ad abusi IA a danno dei creatori
“Oggi è evidente come sia necessario provvedere con urgenza ad un quadro regolamentare che, da un lato favorisca, lo sviluppo dell’intelligenza artificiale e delle sue potenzialità e, dall’altra, ne limiti gli impieghi abusivi e a danno dei titolari dei diritti creativi”, conclude Mazza.
L’IA può migliorare la qualità del lavoro di artisti
In tutto questo dibattito, però, per non fraintendere i vari ruoli e interessi in gioco, risulta necessario chiarire che l’IA non deve essere totalmente demonizzata: l’industria musicale, ad esempio, ha accolto con entusiasmo le modalità sviluppate tramite i sistemi di intelligenza artificiale volte a far progredire la cultura e il settore, nel rispetto dei diritti dei creatori e della legge sul copyright.
Autenticità artistica
Di tale idea è Michael Nash, vicepresidente esecutivo e Chief Digital Officer della Universal Music Group, che ha dichiarato: “Stiamo già vedendo che l’IA può e saprà aiutare gli artisti di tutti i livelli a migliorare la qualità del loro lavoro, estendendo i principi dell’autenticità artistica”
Non sottovalutare l’apporto dell’IA
“Ad esempio, l’intelligenza artificiale può essere utilizzata per aiutare gli artisti a identificare il pubblico in diversi mercati in tutto il mondo, ottimizzare gli aspetti tecnici della produzione audio e migliorare la qualità delle esperienze musicali coinvolgenti per le opere più vecchie”.
Tiriamo le somme
In conclusione, riprendendo dall’acclamato regolamento Agcom che – almeno in Italia – ha segnato un’importante punto di partenza, si possono tirare le somme.
Il Regolamento Agcom
Il Regolamento Agcom, di cui alla delibera n. 3/23/CONS, costituisce un insieme di norme “partorite” dopo mesi e mesi di dibattiti e difficili trattative portate avanti dalle parti in causa: gli editori (titolari dei diritti), da una parte, e i big OTT (rectius, le piattaforme che veicolano i contenuti online), dall’altra parte. Su tali vicissitudini abbiamo parlato largamente sulle nostre pagine.
Il legislatore è troppo lento
Eppure, sebbene si veda qualche sporadico (e agognato) risultato a livello normativo, ciò che si percepisce ai tempi nostri è che il legislatore si muove troppo lentamente rispetto allo sviluppo tecnologico.
Lacune da colmare
Creando, inevitabilmente, delle lacune a livello normativo e giuridico che prima o poi dovranno essere colmate, nell’interesse di tutti. (G.S. per NL)