I tribunali di Nuova Zelanda, Canada e Regno Unito, sulla scia dell’Australia, utilizzano Facebook per inviare le notifiche legali, mutando le vesti della comunicazione giudiziaria al fine di individuare in modo rapido ed efficace i possibili destinatari dei provvedimenti.
La presunzione che spinge avvocati, tribunali e clienti, ad affidare l’interazione legale nelle mani del social network è figlia dell’esigenza di sicurezza e istantaneità, in grado di tutelare la privacy delle parti coinvolte. Il paradosso è tangibile, in quanto l’abnorme e multiforme creazione di Mark Zuckeberg è costantemente osservata con occhio critico dal Garante della privacy, ancora avvolto dal pregiudizio (non del tutto infondato) e dalle proteste in merito. Nonostante ciò, l’Australia ha aperto con orgoglio le danze: un procedimento del 2008, riguardante il pignoramento di un immobile di proprietà di due coniugi, si è concluso con la vendita della casa e la successiva soddisfazione del creditore, grazie alla comunicazione immediata ai coniugi attraverso Facebook. Infatti, il giudice aveva richiesto l’invio della notifica direttamente all’abilitazione presso un indirizzo secondario, integrata dalla notifica via Facebook per una maggiore garanzia della ricezione. L’ottimo risultato raggiunto è sicuramente supportato dalla doverosa ed accurata modifica delle impostazioni privacy della coppia. L’intento è, quindi, affidare la burocrazia legale nelle mani di un terzo, indefinito e giovane collaboratore, con la speranza di poter velocizzare i tempi risolutori e facilitare la localizzazione dei destinatari. Posta, fax, email sembrano non essere più all’altezza dei ritmi della comunicazione odierna, dove l’unico strumento più aderente alla pelle delle persone sembra essere la rete: ci segue ovunque, e la dipendenza da essa rende quasi impossibile l’isolamento e eventuali ritardi di ricezione di messaggi legali (o non) provenienti dall’ambiente esterno. A tal proposito, prima di osare (ovviamente non nel nostro ordinamento) nell’adozione di Facebook come appendice legale, è bene ponderare le abitudini degli utenti e assicurarsi circa la reale identità dell’individuo titolare dell’account. Chissà se in futuro il fruttuoso passaparola convincerà anche il mondo giudiziario italiano: davvero ci fideremo più facilmente dell’innovazione che della tradizione? (C.S. per NL)