I miti del rock insorgono contro un sito che mette all’asta i loro cimeli

Santana & Co. Hanno deciso di querelare Bill Sagan, titolare del sito, per violazione del diritto d’autore


Sembra quasi una favola d’altri tempi, un appassionato di musica che compra una serie di scatoloni da un mostro sacro della musica, per altro morto più di dieci anni prima, li apre e scopre un mondo fatto di foto, biglietti di concerti, cimeli di tutti i tipi, da indumenti personali delle star a spillette, chitarre, bassi. Dopo essersi emozionato alla visione di cotanti pezzi di storia, decide di condividere quel patrimonio con la popolazione del web. Creato un sito ad hoc, arriva la parte meno favolesca della storia, perché il protagonista, Bill Sagan, su questo business ci ha guadagnato qualcosa come tre milioni di dollari. Il sito si chiama www.wolfgang-svault.com, in onore di Wolfgang Grajonca, vero nome di Bill Graham, il “benefattore”(peraltro, morto nel 1991) dai cui familiari Sagan ha comprato il patrimonio, costatogli cinque milioni di dollari, nel 2003. Da allora Sagan vende sogni, sotto forma di spille, biglietti e t-shirt, realmente appartenute ai miti del rock degli anni ’60, ’70 e ’80; vende cimeli per tutte le tasche, dai 2 dollari per acquistare una spilla-ricordo dei Led Zeppelin ai 5mila per una foto personale di Bob Dylan che passeggia per Greenwich Village nel 1963. Ora, alcuni tra gli artisti proprietari dei cimeli, pochi dei quali sono ancora viventi, si sono riuniti, sotto consiglio di Carlos Santana, per impedire che i proventi derivanti dalle vendite finissero nelle tasche di Sagan e non nelle loro. In particolare, si tratta, oltre al noto chitarrista messicano, di ciò che resta delle band dei Doors, dei Led Zeppelin e dei Grateful Dead, tutti fortemente intenzionati a riappropriarsi delle proprie reliquie e a denunciare Bill Sagan per violazione della norma sul diritto d’autore, contrabbando e alcuni reati minori, rientranti nell’ambito della compravendita di tali oggetti. Il protagonista della vicenda, da par suo, ribatte alle accuse, sostenendo di aver pagato tutti i diritti d’autore, nell’atto d’acquisto, nel 2003, in quanto, a suo dire, rientranti nella cifra versata per l’acquisizione degli oggetti. Vedremo come finirà la causa, che, in caso di vittoria da parte delle rockstar, strapperà a molta gente la possibilità di sognare, con in mano gli oggetti appartenuti ai loro idoli, facendo tornare tali “pezzi d’antiquariato” nelle mani dei proprietari. I quali, con tutta probabilità, li lasceranno in cantina o tenteranno di guadagnarci su. Rappresenterebbe la fine della favola. (G.C. per NL)

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