Se fossimo tra i complottisti del settore, dovremmo dare atto che quello attuato col refarming della banda 700 MHz è il piano perfetto per stroncare quel che resta delle emittenti tv locali (che già era obiettivamente poco). Ma non lo siamo e riteniamo che, in realtà, più banalmente, si tratti di un approccio contraddistinto da una grande sommarietà bipartisan.
Il primo lato
Sommarietà, da un lato, da parte di chi, come abbiamo scritto, ha approcciato accademicamente il problema della pianificazione delle frequenze (e dei siti trasmissivi) senza tener conto della variegata e stratificata realtà fattuale dei territori. Contraddistinta da antenne riceventi orientate in specifiche direzioni, vetusti centralini, presenza di filtri, eccessiva fiducia nell’efficacia delle reti Single Frequency Network, ecc. Condizioni, certamente note a chi sta sul territorio, che, in questi giorni, con l’avanzamento progressivo dello switch-off, stanno seminando lamentele e disaffezioni degli utenti delle tv locali.
Problematiche diffuse
Dal Piemonte alla Lombardia, dal Veneto all’Emilia Romagna, le lamentele sono sempre le stesse: mancato servizio, assenza di verifiche preventive sulla condizione ricevente dell’utenza, conflitti LCN, ecc. Ad ogni avanzamento del refarming, si registrano sempre le stesse problematiche.
Oscuramenti tra il 20 ed il 40% dell’utenza
Per dare una misura del problema, nella sola Lombardia le emittenti stimano che una quota che potrebbe andare dal 20 al 40% degli utenti non è più in grado di ricevere i programmi locali.
Recupero parziale
Certamente con l’andare delle settimane una parte dei disservizi rientrerà e vi sarà anche una compensazione (per alcune emittenti, quantomeno) con i nuovi utenti raggiunti attraverso reti complessivamente più capillari. Ma ciò avrà riflessi inevitabili sui dati Auditel del 2022 e quindi sulla raccolta pubblicitaria.
Questione di peso
Già se il problema fosse stato delle nazionali (e non lo è stato, perché, diversamente dalle locali, sui tavoli preliminari i broadcaster hanno picchiato i pugni per ottenere meno alterazioni possibili dello status quo) dotate di ben più appeal contenutistico, vi è il dubbio di quanti utenti avrebbero messo mano al portafoglio in un momento difficile come l’attuale, invece di accettare la riduzione dell’offerta tv.
Figurarsi per le locali, la cui proposta editoriale, oggettivamente, è in gran parte non eccelsa e quindi rinunciabile.
Il secondo lato
Ma la responsabilità non è solo di chi ha prima proposto e poi attuato una pianificazione che oggi mostra tutti i suoi (prevedibili) limiti.
Tre anni di alert
I problemi che si stanno manifestando oggi erano noti da almeno tre anni ed erano stati ripetutamente posti in evidenza (basta fare una ricerca sul motore di ricerca interno di NL per trovare tutti i nostri alert).
L’altro lato
Perché, allora, dall’altro lato (quello delle tv locali) non è stato fatto nulla?
Chi ha fatto, se l’ha fatto, cosa ha fatto e perché non ha funzionato
Dove erano i rappresentanti delle emittenti locali (rectius, fornitori di servizi di media audiovisivi) che oggi si lamentano? Cosa hanno detto ai tavoli tecnici dove pure hanno partecipato? E se l’hanno detto, dove sono le evidenze delle loro preoccupazioni? E se ci sono, perché non se ne è tenuto conto? E se da parte degli organismi deputati non lo si è fatto, perché non sono stati contestati i conseguenti provvedimenti assunti?
La spiegazione più semplice è sempre la più probabile
Con buona pace dei complottisti, la verità è sempre più immediata di quel che si pensa: le emittenti locali pagano oggi lo scotto delle proprie sottovalutazioni. Punto.