La più famosa radio d’informazione italiana, la milanese Radio Popolare, già conosciuta in tutto il territorio nazionale ben prima che fosse creato il Popolare Network, compie trent’anni.
Trattasi da sempre della radio della Sinistra milanese, ma in questo caso tutti, a prescindere dai colori politici, sono concordi nel riconoscerle il grande merito di aver saputo costruire una metodologia informativa senza pari.
Questa la sintesi dei primi cinque anni di vita (il periodo più caldo per la politica italiana, alle prese con il fenomeno del terrorismo delle Brigate rosse) raccontata dalla radio stessa
La storia di (e attraverso) Radio Popolare
1975
La vigilia di Natale viene registrata al tribunale di Milano la testata Radio Popolare.
1976
Si forma la Cooperativa di Radio Popolare, fondata da rappresentanti di varie forze politiche e sindacali della sinistra (Fim, Fiom, Uil, sinistra Psi, Lc, Mls poi Pdup, Ao ed altri). I redattori ne sono soci. Gli ascoltatori lo diventano acquistando una tessera. La radio comincia a trasmettere sulle frequenze di Radio Milano Centrale di cui assorbe una parte dei redattori. La sede è in corso Buenos Aires. Lo studio di trasmissione viene chiamato “metrocubo”. Il progetto è di Piero Scaramucci, che assume la direzione della radio. Il 7 dicembre Radio Popolare diventa famosa con la radiocronaca della contestazione e degli incidenti in occasione della prima della Scala: quindici redattori chiamano in continuazione dai telefoni pubblici; Camilla Cederna (in incognito) fa la cronaca dall’interno del teatro. Per la morte di Mao Rp manda in onda una corrispondenza dalla Cina di Edoarda Masi.
1977
Si struttura il palinsesto: dieci notiziari al giorno, la rubrica sindacale verso sera, il microfono aperto al mattino, le notturne in diretta con giochi di autocoscienza. Sull’onda del movimento giovanile e studentesco prende vita la “Rubrica giovani”. Censurato dalla Rai, Dario Fo risponde agli ascoltatori in collegamento artigianale con decine di radio di tutta Italia. “Nascono” Gino e Michele con “Passati col rosso”. Le donne di Rp organizzano una grande festa al Palalido dove verranno amplificate le corrispondenze degli incidenti di Roma e Bologna. In autunno trasloco nella palazzina di via Pasteur. Scaramucci torna in Rai, nuovo direttore è Nini Briglia.
1978
Telefonano i fascisti in una notturna sulla violenza dopo l’uccisione di due missini a Roma. Si apre un grande dibattito nella sinistra: si devono lasciar parlare i fascisti? In marzo la radio è il punto di riferimento per la grande risposta popolare all’assassinio di Fausto e Iaio, due ragazzi del Leoncavallo.
1979
Briglia lascia Rp per la carta stampata, inizia la direzione di Biagio Longo. L’8 aprile Antonio Stella inaugura “Le testate degli altri”, la rassegna stampa: per mesi pagherà i giornali di tasca propria. Cronache dalle fabbriche in lotta contro i licenziamenti tra cui l’appassionata diretta dell’assemblea Unidal.
(continua sino ai giorni nostri)
Il noto sito Radio Passioni, dal quale da tempo attingiamo a piene mani news ed aneddoti sul medium, ha dedicato all’evento ben tre articoli in successione, che volentieri riportiamo per onorare l’impegno della storica radio milanese.
I nostri vent’anni compiono trent’anni
Ivan Berni, Ninì Briglia, Piero Scaramucci, Biagio Longo con intervento telefonico di Andrea Rivas. Giornalisti, alcuni dei quali divenuti molto famosi (come tantissimi che sono passati dietro a quei microfoni) che oggi non appartengono più a Radio Popolare ma che ne rappresentano l’intera storia direttoriale. Eccoli tutti schierati questo piovoso sabato mattina di novembre, sul piccolo palcoscenico dell’auditorium ricavato nel seminterrato della sede più recente della radio, una palazzina di via privata Ollearo, nel quartiere milanese che Testori ha immortalato nei grigi acquarelli della sua Gilda del Mac Mahon. Una Milano che non c’è più ma che da trenta anni Radio Popolare continua, nonostante i limiti che i suoi stessi vecchi direttori hanno evidenziato, a raccontare. A moderare la discussione, che è stata umana e politica senza cadere nel sentimentalismo un po’ senile di queste occasioni, l’attuale direttore Massimo Rebotti, coadiuvato dai due curatori dei libri sul trentennale dell’emittente appena pubblicati – vedi le due schede del post precedente – da Garzanti e Kowalski. Il più ambizioso, quello di Sergio Ferrentino, è una vera e propria “garzantina” di Radiopop, una autobiografia collettiva enciclopedica strutturata per lemmi. Più impressionistico il lavoro di Danilo De Biasio per Kowalski, con un mosaico fatto di fotografie e di brevi spezzoni estratti dal poderoso archivio della stazione e riversati sul CD allegato.
De Biasio ha sottolineato sul palco e ha ribadito nella breve conversazione che dibattito chiuso ho avuto con lui, l’incredibile valore storico di quell’archivio sonoro accumulato, alla rinfusa, in mucchi di scatoloni. Qualcosa come 20, forse 30 mila audiocassette che secondo l’autore di “Ma libera veramente” richiederebbero un corposo investimento per essere tutte ascoltate e classificate, in base a criteri scientifici. E’ un lavoro monumentale che De Biasio vorrebbe poter affrontare con la collaborazione di una università, perché per ripercorrere trenta anni ad altissima densità come questi non bastano due o tre studenti volonterosi: occorrono storici professionisti con una coscienza diretta o scientemente mediata dei fatti.
Li abbiamo ascoltati questa mattina, alcuni di quegli spezzoni. Il primo quello relativo a una delle primissime epocali notizie trasmesse da Radio Popolare: la morte di Mao. Al proposito Ninì Briglia, che dopo Panorama oggi dirige i periodici Mondadori, rivela come in quella circostanza avesse ricevuto, dal primo direttore Scaramucci (passato alla Rai nel 1978), “la peggiore lavata di capo professionale della mia vita”. Briglia, giovane e inesperto, aveva pensato bene di dare la morte di Mao come seconda in scaletta del radiogiornale, dopo un’apertura del tutto insignificante e locale. Tante cose, tante considerazioni personali e politiche sono emerse nei 90 minuti di una discussione ad alto peso specifico, come tutta la storia di una radio nata in un momento fondamentale per la storia del nostro dopoguerra, in rappresentanza di una fettina minoritaria di una sinistra che a Milano, trenta anni fa, contava assai più di oggi, ma che ha saputo maturare in un progetto lontanissimo dall’aver voglia di smettere, un work in progress che solo Ivan Berni ha voluto in un certo senso richiamare all’ordine, invitando la Radiopop del 2006 a ritrovare, oggi, un obiettivo forte. Una radio che ha saputo far ridere di se stesso un coacervo di mentalità ideologizzate che non conoscevano l’autoironia (tra il pubblico, questa mattina, due silenziosi ma divertiti Gino e Michele). Una iniziativa viva e vitale, che come ha giustamente chiosato Briglia ha sempre portato con sè i germi di quella capacità di socializzazione, interazione, scambio oggi tanto strombazzata a proposito del cosiddetto Web 2.0, la rete delle mille comunità intrecciate.
Dei quattro illlustri presenti tutti o quasi hanno ammesso che allora, tanti anni fa, sull’idea di arrivare a celebrare un trentesimo compleanno non avrebbero scommesso una lira bucata. Forse, ha aggiunto Berni, si è capito che si stava facendo sul serio quando Sergio Ferrentino organizzò la mitica caccia al tesoro pilotata via radio del Bordetrophy (Borderline era la trasmissione satirica che fu antesignana di quel Caterpillar che Ferrentino andò a fare in Rai), trascinando mezza città in una folle ricerca di oggetti e situazioni teatrali.
Diversamente da loro gli ascoltatori ci hanno sempre creduto. Per migliaia di ex-giovani che a Milano erano nati o si erano ritrovati nei dintorni dei loro vent’anni, Radio Popolare è stata un sottofondo imprescindibile, spesso e volentieri anche quando le idee, le vocazioni politiche erano diverse. Gli spazi che forse suo malgrado, inizialmente, l’emittente ha sempre saputo dare alle voci discordi, la volontà di non farsi troppo trascinare da pregiudizi e luoghi comuni, sono stati una linfa preziosa per una città, una regione che ha subìto un traumatico stravolgimento sociale e culturale. Da sempre gli ascoltatori, forse anche quelli meno assidui, hanno fatto propria l’esortazione conclusiva di Piero Scaramucci: cercare sempre di essere una radio alternativa nel senso più profondo del termine. Una voce plurale e “altra” rispetto al velenoso piattume del conformismo, di qualunque colore esso sia. Una radiofonia fatta di cuore e di intelligenza. Due merci che si stanno facendo maledettamente rare in quest’epoca di affluente, stolida infelicità.
Grazie, trentamila volte grazie. E se potete, correte ad abbonarvi.
Tanti auguri, Radiopop
Con poche eccezioni, tra l’altro oggetto di dispute e gare a cronometro, il fenomeno delle radio commerciali private in Italia è scoppiato trent’anni fa, diciamo tra la fine del 1974 e il 1976. Un fenomeno sociale, culturale, giornalistico, legale, tecnico su cui è stato versato un fiume di inchiostro (magari non sempre all’altezza delle aspettative) in passato. Ora, giustamente, è arrivato il momento delle celebrazioni e Radiopassioni ha già dato spazio ad alcuni libri dedicati a questo importante compleanno della modulazione di frequenza. Io c’ero, avevo già preso il virus e sentivo il debole segnale di Radio Milano International su una radio-giradischi valvolare Blaupunkt che aveva una sezione FM ferma poco sopra i 102 MHz. A Milano c’è una radio molto speciale per i milanesi e, non lo nascondo, per il sottoscritto che è da sempre un fedele ascoltatore. E domani mattina, sabato 18 novembre, alle 11.30, questa stazione, Radio Popolare, apre l’auditorium della sua recente sede (di via Ollearo 5) per presentare due libri dedicati a questa formidabile esperienza radiofonica. Qui sotto trovate le schede dei due editori, Kowalski e Garnzanti. La mia è una visione di parte, di ascoltatore quasi sempre contento. Ma di radio, intesa come programmazione, me ne intendo un poco e quella di Radiopop è coi controfiocchi, non solo nell’asfittico contesto italiota (nel paesi dei ciechi ogni guercio…) bensì in quello internazionale, ben più ricco di casi di eccellenza. Prevedo che ci sarà una certa ressa, ma cercherò di esserci per raccontare come è andata. Fino ad allora, ecco qualche spunto per ricordare i bei tempi:
Radio Jurassico
Musica e Memoria
RadioStory
Sergio Ferrentino con Tiziano Bonini e Luca Gattuso
“Vedi alla voce Radio Popolare”
Garzanti, Saggi
€ 25,00
La fisica dimostra che il calabrone non potrebbe volare: è così pesante e goffo, con le ali troppo piccole. Nel panorama dell’informazione e della politica italiane, lo sviluppo di Radio Popolare equivale al volo del calabrone: perché è un’emittente libera e «contro », perché è finanziata in buona parte dagli ascoltatori, perché ha inventato diversi format di successo, perché nei suoi studi sono passate generazioni di giornalisti e uomini di spettacolo, da Gad Lerner alla Gialappa’s, da Michele Cucuzza a Ninì Briglia, da Gino e Michele a Biagio Longo, da Pino Corrias ad Alessandro Robecchi, solo per citarne alcuni.
Nel 2006 Radio Popolare compie trent’anni: provocati, inseguiti, stuzzicati da Sergio Ferrentino (con Luca Gattuso e Tiziano Bonini) gli artefici della storia dell’emittente milanese (dai direttori ai redattori, dai tecnici agli ascoltatori più o meno eccellenti) raccontano questa avventura in forma di enciclopedia. Non mancano gli scoop (l’intervista in diretta a Renato Vallanzasca latitante) e gli episodi drammatici (gli anni del terrorismo, l’omicidio di Fausto e Iaio), le curiosità e i retroscena.
Perché Radiopop è stata un modo diverso di fare informazione, cultura, politica, pubblicità, comunicazione. Così sono molti i fili da seguire, lungo questi trent’anni sempre in diretta sulla strada e sulla fabbrica, sulla scuola e sul carcere: le vicissitudini della sinistra (con i suoi vizi e le sue virtù) ma anche l’evoluzione dei gusti musicali, l’onda lunga degli anni Sessanta e Settanta (il rapporto con il sindacato, la voce delle donne, le prime trasmissioni gay…) e l’impatto dell’immigrazione. Vedi alla voce Radio Popolare sono decine e decine di percorsi individuali che si raccontano, con le loro individualità, passioni e ingenuità. Nel loro insieme narrano un grande sogno collettivo che per una volta è diventato realtà.
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“Ma libera veramente. Trent’anni di Radio Popolare: voci, parole e immagini”
Kowalski
pp. 208 € 17,00
Un libro sui trent’anni di Radio Popolare, una raccolta di suoni evocativi e, visto che c’eravamo, anche un po’ di foto. Provateci voi: come si possono selezionare pochi fotogrammi di un film corale iniziato nel 1976?
Il libro
La prima biografia collettiva e autorizzata di Radio Popolare. Trent’anni raccontati da premi Nobel, calciatori filosofi, presidi canterini, femministe libertarie, navigatori solitari, cantanti girovaghi…
Il cd audio
Dalla Cina che piange Mao alle manganellate di Genova, dai litigi dei microfoni aperti alle interviste più clamorose: oltre 60 minuti di brani direttamente dall’archivio di Radio Popolare