Erano state arrestate il 17 marzo scorso, la condanna, dopo un processo avvenuto in assoluta segretezza, come è di costume in questo Paese, è arrivata nei giorni scorsi (giovedì scorso, 4 giungo) ed ha schioccato il mondo dell’informazione internazionale. Dodici anni di lavori forzati, anzi di “correzione attraverso il lavoro”, come si legge nella sentenza, è la pena che dovranno scontare Euna Lee e Laura Ling, entrambe originarie dell’est asiatico ed inviate di Current Tv, la tv fondata dal Premio Nobel Al Gore, facenti del gruppo di dieci giornalisti Vanguard, i più temerari, addestrati alla produzione di reportage nelle zone più calde e pericolose del pianeta. Il loro crimine, che in caso di non raggiungimento di un ragionevole accordo diplomatico, costerà loro dodici anni di lavori forzati in uno dei Paesi più antidemocratici del mondo, è stato quello di aver tentato di varcare il confine nordcoreano, nel corso di un reportage che stavano girando circa il destino dei profughi che dalla Corea del Nord scappavano verso la Cina. Il governo di Pyongyang le ha arrestate per attività “ostili” contro il loro Paese e, come si legge in una nota dell’agenzia di stampa governativa “Korean Central News Agency” “il processo ha confermato il grave crimine che hanno commesso nei confronti della nazione coreana attraversando illegalmente la frontiera. Il tribunale ha condannato ciascuna giornalista a 12 anni di rieducazione attraverso il lavoro”. La stampa, come ovvio attendersi, non ha certo vita facile in Corea del Nord. L’ingresso di giornalisti stranieri in territorio nordcoreano è possibile soltanto previa presentazione di un visto particolare, difficile da ottenere e che, ad ogni modo, non concede ai giornalisti di svolgere la propria attività in modo autonomo, perché costantemente seguiti e monitorati dalle autorità. Le due ragazze “hanno molta paura”, sostiene la sorella di Laura Ling. Il 26 maggio scorso, infatti, prima dello svolgimento del processo, il governo nordcoreano le ha autorizzate a sentire telefonicamente le famiglie. Ciononostante, comunque, Pyongyang non è nuova all’arresto di giornalisti Usa per motivi di convenienza politica. Come già avvenuto in passato, di fatti, i giornalisti vengono arrestati e poi rilasciati in virtù di accordi diplomatici e politici, di concessioni da parte della Casa Bianca nei loro confronti. Ed è notizia dei giorni scorsi la tensione creatasi attorno al programma nucleare nordcoreano. Per il momento, però, Bill Richardson, governatore del New Mexico e ambasciatore alle Nazioni Unite, dice alla Nbc che “sarebbe prematuro” iniziare le trattative: “Quello che possiamo ora ottenere è una specie di perdono politico che possa dare una tregua al procedimento legale – spiega -. Finito il processo potranno iniziare le negoziazioni politiche”. Per il momento, intanto, il governo americano esprime preoccupazione, per bocca del portavoce della Casa Bianca, Ian Kelly. “Cercheremo attraverso tutti i canali possibili di ottenere la loro liberazione”, cerca di rassicurare. (Giuseppe Colucci per NL)