Dopo dieci anni dalla sua prima edizione, tenuta in quell’occasione a Firenze, l’hackmeeting nazionale italiano si ripropone, questa volta a Pisa, i giorni 28, 29 e 30 settembre, presso il Centro Sociale Rebeldia. L’incontro è stato battezzato “Hackit” (trad. “intaccalo”, “violalo”) ed è caratterizzato, anche quest’anno, da un motto decisamente accattivante: “code is written, future is not” (trad. “il codice è scritto, il futuro no”). Tre giorni di conferenze dunque, per il raduno informatico più importante del paese, che si prefigge l’analisi accurata e, naturalmente, condivisa, di alcuni argomenti di discussione piuttosto ampi, oltre che impervi. Tra i tanti: la tecnologia telefonica Voip, con interesse particolare alla sua discussa sicurezza ed garanzia; le licenze Creative Commons e il mondo del copyleft (gioco di parole su copyright: un modello alternativo di gestione dei diritti d’autore, ndr); la censura, in questo caso intesa nella sua più ampia accezione, trattandosi di un incontro di esperti di informatica ed ingegneria elettronica.
Hackit, come di consueto, si presenta al pubblico con un comunicato stampa, nel quale descrive, la posizione generale della tanto temuta (più che altro per disinformazione) famiglia degli hacker, attraverso un manifesto speciale di cui proponiamo un estratto: “Esprimiamo una visione dell’hacking come attitudine, non esclusivamente informatica. Il nostro essere hacker si mostra nella quotidianità anche quando non usiamo i computer, si mostra quando ci battiamo per far cambiare le cose che non ci piacciono, come l’informazione falsa ed imposta, come l’utilizzo di tecnologie non accessibili e costose, come il dover recepire informazioni senza alcuna interattività e il dover subire da spettatori l’introduzione di tecnologie repressive e censorie. Siamo sinceramente spaventati dalla velocità con la quale la tecnologia viene legato a doppio filo al controllo sociale, alle imprese belliche, ad una malsana e schizofrenica paura del proprio simile: il nostro approccio è diametralmente opposto”. Queste le parole che compongono il manifesto di Hackit, necessarie a comprendere le metodiche con le quali gli hacker si confrontano e si impegnano, tanto più a confermare la natura anche umana e sociale dell’esperienza di questo meeting, che non ha come unico target gli “smanettoni del computer”, ma anche tutti coloro che sono anche solo incuriositi dal mondo tecnologico nel quale viviamo quotidianamente. L’hacker perde dunque l’accezione mitica che da sempre ha considerato questi esperti informatici alla stessa stregua di fenomeni di contro-culture o peggio ancora, evidenti sintomi di minacce ai sistemi. Ora chi si occupa di hacking, non è più un pirata, ma al contrario, un soggetto con il quale può essere importante interloquire per capire e migliorare la rete.
Hackit si apre a tutti senza dimenticare, però, di divulgare specifiche regole per la partecipazione agli incontri. Particolare attenzione è stata dedicata all’intervento di giornalisti e operatori media, per i quali è stato addirittura redatto un documento, incentrato sulle regole di comportamento alle quali sono obbligati tutti i suddetti ad attenersi. Questo è quanto riportato dalla sezione citata: “Se siete arrivati a questo punto (successivo all’elenco degli argomenti trattati nell’incontro Hackit, ndr), avrete ormai capito che la comunità dell’Hackmeeting ha tra le sue regole fondanti il rispetto della privacy. Non tutti gradiscono di essere fotografati e ripresi: chiedete sempre il consenso ai diretti interessati e non consideratelo mai scontato senza che sia stato espresso. Identificatevi come giornalisti: le reazioni davanti a un finto partecipante possono essere poco affabili”.(Marco Menoncello per NL).