Secondo il portavoce Maria Assimakopoulou, l’aumento dell’Iva avrebbe un retroscena.
La “guerra dell’Iva” tra Sky e Governo, con Mediaset spettatore interessato e forse qualcosa di più, continua a suon di comunicati stampa del governo e spot anti-Premier da parte del “vecchio amico” Murdoch su Sky.
La nuova puntata della querelle presenta alcuni retroscena inediti che pongono Mediaset (la cui neutralità era già stata abbastanza messa in discussione) in un ruolo centrale nella vicenda, pur “assolvendo” o perlomeno giustificando l’operato del Governo.
La mossa del Governo Berlusconi di portare l’Iva a Sky al 20%, all’interno del decreto anticrisi (facendo, però, ricadere la spesa aggiuntiva sui fruitori di Sky, considerato, ad onor del vero, un bene non necessario), nasce da un ricorso che Mediaset aveva presentato nell’aprile 2007 per contestare il diverso trattamento fiscale riservato alle aziende fornitrici di prodotti televisivi pay-tv o pay-per-view. A sostenerlo è Maria Assimakopoulou, portavoce di Laszlo Kovas, Commissario UE al fisco. “La Commissione ha ricevuto nell’aprile del 2007 un reclamo” sostiene la portavoce, senza specificarne il mittente (ma fonti Ue concordanti riferiscono che l’esposto è stato presentato proprio da Mediaset) “e quindi come sempre la Commissione ha proceduto a fare le sue verifiche. Ricordo che nella direttiva Iva c’è un allegato in cui si dice che si può applicare un’Iva ridotta, ma assicurando la neutralità fiscale. Dunque non ci possono essere aliquote diverse per uno stesso tipo di servizio”. Il reclamo in questione, come si diceva, era inerente al diverso trattamento fiscale riservato alle pay-tv (cui veniva applicata un’Iva al 10%) e le pay-per-view (al 20%). “È dunque il governo che deve decidere se applicare o meno l’Iva ridotta” continua la Assimakopoulou, “è una scelta che deve fare il Governo e le autorità italiane hanno ammesso che l’attuale regime non era conforme alle regole comunitarie e si sono impegnate a cambiarlo. È chiaro” ha concluso “che se le autorità italiane dovessero insistere nel non cambiare questo regime di aliquote, di fronte a una situazione di discriminazione, la Commissione Ue dovrebbe aprire una procedura d’infrazione”. Dalla Commissione Europea, quindi, arriva una parziale “assoluzione” per il Governo. (G.M. per NL)