Tutto si può dire di Minzolini (foto), fuorchè sia un personaggio che non fa discutere. Fa discutere all’interno – nella redazione in cui lavora – e all’esterno – nell’opinione pubblica e sui media concorrenti.
Ha sempre fatto discutere Minzolini, sin dai tempi in cui era un novello collaboratore di Panorama (non ancora, ai tempi, in mano a Berlusconi) negli anni Ottanta, o quando, negli anni Novanta, in suo “onore”, fu coniato il termine “minzolismo”, per etichettare certo giornalismo che, invece che fondarsi esclusivamente sui fatti, strizza l’occhio anche alle dichiarazioni informali. Ovviamente, da quando nel 2009 il "Minzo" è stato nominato direttore nientemeno che del Tg1, l’eco della sua notorietà si è nettamente ampliata. Oggi, a differenza di un anno fa, in nessuna parte d’Italia, sia pure nel più piccolo dei Paesi, si può ascoltare l’esclamazione “E sto Minzolini, chi è?”. Oggi Minzolini è noto per dividere gli italiani se non alla pari di Berlusconi, che tanto ha promosso il suo nome ai vertici Rai, perlomeno alla stessa stregua. Oltre che gli italiani, però, divide anche i suoi stessi collaboratori, quei giornalisti del Tg1 che dirige da quasi un anno. Come non dimenticare lo stupore suscitato dall’inusuale – quanto sconcertante – utilizzo dell’arte dell’editoriale, una novità assoluta per un telegiornale dell’ammiraglia Rai, in occasione degli attacchi a Berlusconi e alle sue presunte frequentazioni con escort. Lo scorso 26 febbraio, poi, è un successo un altro pandemonio. L’edizione delle 13 del telegiornale, in riferimento alla decisione della Cassazione sul processo all’avvocato Mills, aveva misteriosamente parlato di “assoluzione”, quando invece (come tutti gli altri organi informativi avevano riportato), i giudici di legittimità avevano semplicemente accertato la prescrizione del reato. Apriti cielo. Proteste da ogni dove, il web in rivolta, creazione di gruppi spontanei anti-Minzolini e le solite – tante – chiacchiere da parte dei politici dei diversi schieramenti. Si era sollevato anche il comitato di redazione, il sindacato autonomo dei giornalisti del Tg1, che aveva inviato una lettera di protesta ai vertici aziendali – Presidente Galimberti e direttore generale Masi – in cui esprimeva il proprio “disagio” nei confronti della direzione. I giornalisti avevano chiesto ai vertici di “vigilare” sull’operato del proprio direttore. Subito la forma di protesta aveva avuto eco sui giornali – neanche troppa, invero – ed in rete. Il 5 marzo, però, un contrordine dei giornalisti della redazione – firmato da 92 dei 162 impiegati, precari inclusi – aveva preso le distanze da quelle dichiarazioni. “Al Tg1 non c’è nessun disagio – hanno scritto nel documento redatto -. Non è accettabile che si rappresenti al vertice aziendale questo stato d’animo… diventata perfino necessità di “vigilanza” dell’operato del direttore e di tutta la redazione. Nozione, quella di vigilanza, che stupisce e preoccupa perché evoca concezioni totalitarie”. E ancora: “Invitiamo il Cdr a coinvolgere l’intera redazione prima di intraprendere iniziative così impegnative, arbitrarie e delicate che rischiano di danneggiare il lavoro di tutti”. Zacchete! Un colpo bassissimo, sferrato dall’ala pro-Minzolini a quella ribelle della redazione. Un colpo che fa il pari con con gli attacchi rivolti al direttore, nel perfetto stile della Rai lottizzata: un po’ a destra e un po’ a sinistra. Certo, però, non fa il pari con il malessere manifestato dall’opinione pubblica, dalle voci provenienti dal basso. Un comitato popolare pro-Minzolini non s’è ancora visto; ma mai dire mai. Nel frattempo, però, il giorno successivo la stangata dei 92 pro-minzoliniani, è Carlo Verna, segretario del sindacato Usigrai, a sollevare nuovi dubbi. “Se sono stati giornalisti di livello apicale a sollecitare firme di dissenso verso il cdr ai precari, – dice – sono state indubbiamente violate norme dello Statuto dei lavoratori e se ci sono state intimidazioni… pretenderemo le adeguate sanzioni”. Insomma, il dubbio di Verna è che ai precari sia stato chiesto, per cortesia, di schierarsi dalla parte del direttore per poter sperare in un occhio di riguardo in occasione di future assunzioni. Dubbio, però, che le dichiarazioni – quasi contemporanee – del direttore Minzolini, non scioglie, tutt’altro: “Ritorsione contro i precari? – sbotta – Una cosa che non ha senso, anche perché a quei colleghi avevo personalmente comunicato l’assunzione il giorno precedente per le nuove iniziative web che, tra l’altro, il cdr invece osteggia. Sono indignato”. Non c’è pace per il povero Tg1. (G.M. Per NL)