Più efficaci sforzi e maggiore cooperazione da parte dei paesi dell’Unione Europea, una responsabilità chiara e condivisa da parte dei protagonisti dell’IT ed ulteriori misure legislative per fronteggiare l’ondata di spam che riempie le caselle di posta elettronica nei paesi membri: questa, in sintesi, è la strada recentemente indicata dal Commissario Europeo per la Società dell’Informazione e i Media, Viviane Reding, nella guerra allo spam ed allo spyware. Questi ultimi, da tempo, costituiscono più che un occasionale fastidio. Indagini condotte dalle istituzioni europee rendono noto che tra il 50% ed l’80% delle mail inviate all’interno dell’Unione costituisce spam. Vero e proprio problema, dietro lo spam, tra l’altro, sembrerebbero esserci bande criminali altamente specializzate. Questa circostanza è stata denunciata anche nell’ultimo rapporto di Spamhaus, la celeberrima organizzazione anti-spam, che ha pubblicato una lista dei principali spammer della Rete, operanti per lo più in Russia e Stati Uniti (senza dimenticare quelli in Canada, Hong Kong, Israele e Ucraina). Nel 2002, l’Unione Europea ha varato una legge anti-spam che, tuttavia, non ha pienamente raggiunto il suo obiettivo. Infatti, secondo gli studi svolti dalla Commissione per la società dell’Informazione e i Media, solo due paesi, la Finlandia e i Paesi Bassi, sono riusciti ad ottenere sensibili risultati nella lotta allo spam, riducendo fino all’85% questa attività attraverso l’applicazione di multe salatissime contro quelle organizzazioni che inviano junk mail . “Mi piacerebbe vedere gli altri paesi raggiungere risultati simili”, ha dichiarato la Reding, pensando al gruppo olandese OPTA di telecomunicazioni che, l’anno scorso, ha imposto 60.000 euro di multe a tre aziende. Da Bruxelles fanno sapere che non è esclusa l’eventualità di introdurre nuove norme con le quali obbligare gli Internet Service Provider a rendere note le falle dei sistemi di sicurezza e ad adottare misure di filtering adeguate. (Mara Clemente per NL)