In tempi di guerra, è triste dirlo, ogni arma dev’essere affilata, lucidata, preparata alla battaglia. E affina affina, lucida lucida, prepara prepara, queste armi finiscono col perdere le proprie caratteristiche peculiari ed imbarbarirsi.
È quel che è successo alla Mondadori, storica casa editrice italiana, autorevole e sobria, ricca ed indipendente, acquisita da Berlusconi sul finire degli anni Ottanta, al termine di una manovra i cui lasciti, ed è cosa di questi giorni, s’avvertono ancora oggi. La Mondadori, così come alcuni giornali e qualche televisione, sono al centro del conflitto d’interessi che da almeno tre lustri viene addebitato al Presidente del Consiglio. A dire il vero, la Mondadori è sempre stato l’elemento meno preso in considerazione, per le sue specificità meno invasive di media d’impatto come le reti Mediaset. Ma il suo ruolo all’interno dell’impero l’ha sempre giocato, con le riviste di pettegolezzo, i settimanali popolari alla “Tv Sorrisi e Canzoni” e quelli politici alla “Panorama”. Ultimamente, però, in tempi di guerra in cui ogni mezzo è chiamato a fare il proprio dovere, anche i periodici editi da Mondadori hanno iniziato ad attirare su di sé, oltre che il clamore per la loro “discesa in campo”, le antipatie di quanti li hanno tacciati, al pari degli altri media in mano alla famiglia Berlusconi, di partigianeria, di "timing news", di costituire una sorta di “bollettino” della famiglia di Arcore. E ultimamente questo ruolo sembra aver iniziato ad andar stretto persino agli stessi esponenti della casa editrice e al suo comitato di redazione. Da qualche tempo, in orbita Mondadori, gravita Alfonso Signorini. Egli è un personaggio molto particolare, con studi filologici e cultura assai vasta alle spalle; è una sorta d’icona del gossip in Italia, un’incarnazione dello spirito da buco della serratura che ha invaso ogni aspetto della vita pubblica e privata del nostro Paese. È un’amabile canaglia Signorini, definito “un diavolo” persino dal suo datore di lavoro. Abile gestore d’informazioni, ha avuto un ruolo cardine negli scandali che hanno attanagliato la nostra povera Italia negli ultimi mesi: da Noemi a Natalie. Ai tempi di Noemi, infatti, richiamato in segreto durante le vacanze estive il direttore di “Chi” e “Tv Sorrisi e Canzoni” avrebbe avuto il compito di far partire la controffensiva contro la cordata antiberlusconiana che si era andata formando dalla festa di Casoria in poi, passando per cenoni e festini a Palazzo Grazioli. L’uomo del Presidente, quindi, aveva il compito non solo di far cadere un’aura di “santità” sulla bella Noemi, ma anche di dar nuova linfa alla "sputtananda" immagine del premier. Ed ecco le foto di Berlusconi che gioca amabilmente con il nipotino, mentre le prime pagine degli altri giornali riportavano le dichiarazioni di Patrizia D’Addario. “Chi”, nei mesi bui appena trascorsi, era diventato una sorta di bollettino di casa Berlusconi, un accogliente rifugio per quanti fossero rimasti perplessi da alcuni comportamenti del Presidente del Consiglio. Alfonso Signorini, però, il suo nome l’ha sentito ripetere molto spesso anche nelle ultime settimane, in concomitanza con l’esplosione del caso-Marrazzo. Sarebbe stato il suo giornale, “Chi”, il primo destinatario del video che ritrae l’ex governatore del Lazio in compagnia del transessuale Natalie e di alcune strisce di cocaina. Dopo averlo visionato, Signorini avrebbe deciso di non pubblicarlo, di concerto con Marina Berlusconi, senza però nemmeno contattare papà Silvio (lui, perlomeno, perché Marina invece rivelerà d’averlo fatto, ma in quanto padre, non in qualità di editore…). Gli sarebbero stati chiesti 200mila euro trattabili e lui avrebbe cordialmente rifiutato, al pari di Oggi e Libero. Sta di fatto che c’è sempre lui al centro di queste manovre machiavelliche a metà tra politica, gossip, sesso e vita privata. Manovre in cui il decoro in politica e nel mondo dell’informazione va a farsi benedire. Manovre in cui la vita privata di un uomo (o di più di uno) viene distrutta per il pasto del grande pubblico o per fini politici. Di questo strano miscuglio di generi e di personaggi, Signorini è certamente uno dei più abili e fidi scudieri da portare in battaglia quando le cose si fanno difficili. Di tutto questo, però, in Mondadori si comincia ad aver piene le tasche. C’è una corrente, ampia e moderata, infatti, che ha sempre fatto il proprio lavoro come se l’editore proprietario fosse un mister X qualsiasi e non l’uomo più potente d’Italia, che, stanca d’essere costantemente al centro di scoop e casi umani del genere, richiama alla compostezza e alla sobrietà che il blasone della Mondadori richiede. È notizia di ieri, di fatti, che il CdR e i Fiduciari del gruppo hanno pubblicato una nota in cui sottolineano l’estraneità della casa editrice ai fatti appena venuti alla luce sul caso Marrazzo. Osservano, nondimeno, che “in un mondo editoriale sconvolto da un inasprimento senza eguali per toni e contenuti, è sempre più difficile preservare l’autonomia dei giornali. Non a caso anche all’interno della nostra casa editrice sembra venir meno il tradizionale stile Mondadori, fatto di autorevolezza, misura e sobrietà. Per questo motivo, il CdR chiede un incontro urgente con la Direzione Generale Periodici”. Ad aspettarli ci sarà probabilmente Signorini. Quel "diavolo" d’un Signorini. (Giuseppe Colucci per NL)