Roma – Il gigante di Mountain View parte in quarta e abbraccia un altro settore dell’advertising: quello dell’individuazione di siti dove sia più attiva la particolare porzione di audience a cui mira una determinata pubblicità. Il vantaggio? Non solo pubblicità mirata, ma siti dove presentarla altrettanto mirati.
Battezzato AdPlanner, si tratta a tutti gli effetti di una ulteriore modalità di “misurazione” dell’utilizzo della rete. Un’attività per svolgere la quale molti operatori tradizionali si fanno pagare profumatamente: ne sono esempi ComScore e Nielsen NetRatings, due tra i nomi più conosciuti dei “misuratori”.
C’è però una differenza sostanziale tra le attività di queste società tradizionali e quella alla base di AdPlanner. Mentre le prime ricavano le proprie conclusioni conducendo indagini dirette su gruppi selezionati di persone o sottoponendo questionari, Google ha a propria disposizione la sterminata quantità di dati statistici già presenti sui propri server: si tratta solo di… selezionarli ed elaborarli.
“Il nuovo strumento è progettato per aiutare gli inserzionisti a trovare i migliori siti ed acquistarvi spazio pubblicitario proprio in quelle aree dove il loro target di clientela effettua maggiori visite”, spiega il Wall Street Journal. Detta così sembra semplice, in realtà vista la rilevanza e centralità di Google, è un’affermazione destinata a far tremare le più affermate società di rating, dalle cui rilevazioni dipende molto degli attuali investimenti su web.
Una simile proposta, di cui sembra naturale conseguenza la piena integrazione in AdWords, in queste ore sta scatenando diverse perplessità tra gli operatori del settore: molti vedono in questa nuova iniziativa una sorta di Killer Application che minaccia gravemente la sopravvivenza nel settore dei player tradizionali.
Di diverso parere è Sarah Fay, CEO di Aegis North America: “Per un inserzionista la cosa meno desiderabile è che chi gli consiglia dove piazzare le proprie inserzioni coincida con chi gli fa spendere denaro per pubblicarle”. Come c’è chi ritiene i dati di Google meno affidabili perché ricavati sulla base dei cookie.
Ciò non toglie che l’interesse destato dalla novità risulti elevatissimo, sia per la totale gratuità del servizio, sia per la notorietà del gigante che lo propone. Anche queste, dunque, potrebbero essere tra le ragioni per cui Google ha chiesto alla Advertising Research Foundation di rimuovere l’annuncio della novità, forse dato con troppo anticipo in assenza delle necessarie autorizzazioni e che resta, tuttavia, visibile proprio grazie alla cache del motore di ricerca.
Un ulteriore segno dell’interesse suscitato viene dal mercato azionario: le azioni di ComScore, dopo l’annuncio di AdPlanner, sono precipitate del 6,1 per cento.
Marco Valerio Principato