Google. La cultura gode del digitale, ma ama ancora Gutenberg

L’informazione è plasmata dalla tecnologia e muta i suoi caratteri adattandoli alla rete. E’ il risultato dell’economia digitale che ha cambiato il linguaggio, ormai alle dipendenze della rivoluzione innovativa.

I termini Web, on line e digital divide sono entrati nel vocabolario comune degli italiani e la rete è l’accesso più rapido e comodo all’informazione, ricerca e confronto. L’interazione quotidiana con la cultura assume inevitabilmente sembianze nuove: le pagine del libro, del quotidiano e dell’enciclopedia “lasciano” la carta stampata e sposano smartphone e tablet. È una corsa alla novità: l’informazione è veloce, accessibile a tutti e quindi senza frontiere. La ricerca del conoscere fa bene all’economia digitale, che, secondo uno studio condotto dal Boston Consulting Group commissionato da Google, vale 30 miliardi. Perfetta quindi l’equazione digitale: più internet uguale più Pil. Ciò che conta quindi è mantenere valida tale legge attraverso la continua crescita. È l’obiettivo di Google, il cui tasso di crescita tra il 2009 e 2015, secondo il rapporto Bcg, potrebbe essere del 18%, se si rispettano le condizioni migliori, le quali si estendono anche alla nuova concezione di musica. Le forme della cultura, però, non muoiono, anzi sfruttano le vetrine del web per arrivare più rapidamente agli occhi del lettore. A tal proposito è intervenuto Robert Darnton, direttore della biblioteca di Harvard, con il suo nuovo saggio “Il futuro del libro”. L’opera, pubblicata in America nel 2009 (The case for Books), uscirà anche in Italia per Adelphi e farà chiarezza sulla sorte della carta stampata. Darnton si rifiuta di parlare di “morte” del libro, bensì analizza il nuovo volto della lettura e trova in esso una rinascita. Sebbene lo storico della lettura americano sia fortemente radicato al testo stampato su carta, non immobilizza il suo sguardo solo al passato. Al contrario fa tesoro della tradizione e la trapianta nel futuro: nessun funerale dei libri stampati né collasso della stampa, ma una complicità tra passato e futuro, indispensabile per un risveglio della cultura nel suo valore assoluto. Darnton è, inoltre, il padre del progetto Dpla (Digital Public Library of America) quale tentativo di creare una grande biblioteca pubblica digitale d’America. Una valida alternativa alla “biblioteca universale” di Google. La scommessa della società della Silicon Valley è raccontata nel saggio del “bibliotecario” di Harward: dall’iniziativa di digitalizzazione e commercializzazione al “Google Settlement”, accordo tra l’azienda e gli autori sul “copyright”, dichiarato illegittimo da un giudice di New York il 23 marzo scorso. La sentenza in questione non è altro che un trampolino di lancio per l’iniziativa della Digital Public Library, pronta a debuttare in autunno. Darton ama la carta, ma si fida talmente tanto del digitale che guarda alla crisi dei librai indipendenti, delle grandi catene e dei quotidiani locali, in un’ottica di transizione e coesistenza dei due emisferi: web e stampa. La lettura cambia: la copertina non è più attraente, le pagine non si toccano e il “divorare” integralmente il libro è sempre più difficile. È un mondo sfumato, ma non estinto. Chi ha la passione della lettura conserva ancora il libro sul comodino e legge ciò a cui è interessato sul web. Il “copia e incolla” digitale non sminuisce la cultura, che è sempre più democratizzata, libera e gratuita. Lo scopo quindi è riacquistare, o meglio, non perdere la nobiltà del sapere. L’appetito della mente può essere soddisfatto sia dalla carta stampata sia dalla pagina web. La “convivenza” è possibile, almeno per ora. (C.S. per NL)
 
 

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