Google ha in serbo un progetto – ora in versione sperimentale e accessibile solo su invito – di un nuovo social network: una sorta di ambiente comune tra persone che condividono i medesimi interessi, passioni e ambizioni.
La differenza tra gli amici di Mark Zuckerberg e quelli della Big G è insita nella natura stessa dei rapporti da coltivare attraverso la rete: i primi sono “amici” grazie alla rete, i secondi lo sono già, e sfruttano la vetrina come collante del rapporto, nonché un nuovo veicolo dei rapporti consolidati e non. Google mette mano sulla nostra coscienza e ci stimola ad una riflessione qualitativa del concetto amicizia: affollamento di conoscenti contro una rete di relazioni interpersonali vere. Il discrimen tra l’onnipotente social network e il nuovo figlio di Google risiede proprio sulla personalizzazione, quale etica di creazione e costruzione di informazioni significative, alle quali l’utente può accedere attraverso capillari sociali estremamente connessi alla cerchia sociale di appartenenza. La Big G, attingendo dall’esperienza e dal successo di Facebook, Twitter e Skype, ha realizzato un vero e proprio strumento di condivisione della vita reale, una sorta di habitat parallelo, nel quale riflettere e sviluppare i contatti già viventi nella quotidianità. Il rapporto, quindi, non è virtuale, bensì un’appendice di quello reale: comunicare attraverso videochiamate, selezionare i propri interessi nel web e, una volta individuato, mantenere vivo l’ambito sociale. La mission di Google + è palese: restituire dignità e valore alle relazioni interpersonali, salvare il vero significato di amicizia e tutelarlo. La sfida con Facebook è a dir poco ambiziosa, in quanto la connessione monopolizzatrice del tempo e dell’abitudine, ormai infatuata, irrigidisce i movimenti della libera concorrenza, e il lancio di eventuali proposte rasenti il famoso social network. La chiave, è fare la differenza, e il modo migliore è improntare lo strategico antagonismo sulla privacy, tallone di Achille di Mark Zuckerberg. Google punta sull’autenticità delle relazioni: non si accontenta di essere un’alternativa di comunicazione, al pari di Skype, e nemmeno un’affollata piazza di gente quasi sconosciuta. Google si differenzia con la presunzione, ovviamente relativa, che anche le persone ne sentano il bisogno: distinguere gli amici, sceglierli e mantenerli coltivando i propri interessi. Un discorso ovvio nel mondo reale, utopia in quello virtuale. Ecco perché Google ci offre l’opportunità di ribaltare la situazione: “più” amici e meno conoscenti. La quantità vincerà sulla qualità? Agli utenti l’ardua sentenza. (C.S. per NL)