Fallisce, almeno per il momento, l’accordo Usa tra Google e l’Associazione americana degli editori. Secondo il giudice Denny Chin, nonostante l’intesa raggiunta nel 2008 con l’azienda di Mountain View apparisse (al mondo intero) sufficientemente ragionevole, il sistema Google Books comporterebbe una violazione del diritto d’autore.
Sfuma così l’intesa che poteva permettere a Google di allargare il proprio business in maniera esponenziale e che avrebbe contestualmente offerto ad autori e lettori rispettivamente di divulgare e accedere a volumi difficilmente reperibili nelle librerie. Non che Chin non lo sapesse. Citando uno stralcio dall’edizione odierna del Corriere della Sera, infatti, il corrispondente da New York, Alessandra Farkas, scrive: “Chin riconosce come l’accordo avrebbe consentito ad autori ed editori di trovare nuova audience e nuove fonti di guadagno. Assicurando altresì ai libri rari e antichi di essere preservati, trovando nuova vita”. Ma non c’è niente da fare per la coppia Page-Brin. L’accordo va rivisto sulla base del compromesso proposto dal giudice statunitense: permettere ai titolari di copyright di permettere se diventare, o meno, parte di questo grande accordo, senza che il loro materiale sia inserito di default nella grande libreria digitale di Google. L’azienda di Mountain View rimane comunque delusa e non è da escludere il riscorso in Appello. Sicuro è che, nonostante il modus operandi di Google sia sempre piuttosto invasivo (per non dire addirittura coercitivo) questa grande intesa permetterebbe di smuovere nuovamente il mercato dell’editoria digitale di libri, nella speranza di creare nuove forme di mercato per tutti coloro che, volenti o nolenti, hanno a che fare con le nuove tecnologie pur preferendo ancora il caro vecchio libro cartaceo. (M.M. per NL)