Nella guerra intrapresa dall’Organismo Unitario dell’Avvocatura e dall’Unione Nazionale della Camere Civili, contro il D.Lgs. n. 28/2010, che introduce nel nostro ordinamento un nuovo concetto di alternative dispute resolution in chiave europea, il Ministero della Giustizia e dello Sviluppo Economico potrebbero aver perso la prima battaglia.
Il regolamento attuativo di cui al decreto ministeriale n. 180/2010 emanato da via Arenula per far decollare il meccanismo di mediaconciliazione introdotto con il D.Lgs n. 28/2010, infatti, è stato impugnato avanti al Giudice Amministrativo da O.U.A ed U.N.C.C. nella parte in cui detta le linee guida per l’accredito nel registro detenuto dal Ministero degli enti di conciliazione, ne fissa le indennità ed istituisce l’elenco dei formatori per la mediazione. Pregiudiziale ed indispensabile per il T.A.R. Lazio rispetto al vaglio delle censure mosse dai ricorrenti è sciogliere il nodo gordiano della costituzionalità di talune norme del decreto delegato per le quali si sospetta un eccesso di delega nell’esercizio del potere legislativo devoluto dal Parlamento – con la L. n. 69/2009, rubricata “Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile” – al Governo. In proposito, nell’ordinanza di rimessione n. 302/2011 il Collegio adito ha ritenuto rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di costituzionalità che investono l’art. 5, comma 1, del D.Lgs n. 28/2010 “(…) primo periodo (che introduce a carico di chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa alle controversie nelle materie espressamente elencate l’obbligo del previo esperimento del procedimento di mediazione), secondo periodo (che prevede che l’esperimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale), terzo periodo (che dispone che l’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto o rilevata d’ufficio dal giudice)” e l’art. 16, comma 1, del medesimo testo normativo “(…) laddove dispone che abilitati a costituire organismi deputati, su istanza della parte interessata, a gestire il procedimento di mediazione sono gli enti pubblici e privati, che diano garanzie di serietà ed efficienza”, entrambe in relazione agli artt. 24 (sul libero accesso alla Giustizia da parte dei cittadini ed il diritto di difesa) e 77 (sui poteri, i limiti ed i criteri ai quali l’Esecutivo deve attenersi nell’emanazione di atti aventi forza di legge) della Costituzione. In questi termini, il sindacato richiesto alla Consulta viene ritenuto fondamentale dai giudici amministrativi ai fini della decisione di merito sull’impugnazione del citato regolamento attuativo che, nella parte afferente la domanda demolitoria, ne ricalca la ratio. In sostanza, non essendo il Giudice amministrativo istituzionalmente in grado di fornire alle predette disposizioni una lettura costituzionalmente orientata in riferimento sia alla legge di delega che alla direttiva europea n. 2008/52/CE alla quale si dà attuazione in rapporto all’emanato D.Lgs 28/2010, la parola deve necessariamente passare al Giudice delle Leggi. Nello specifico, gli aspetti che nell’ordinanza di rimessione vengono evidenziati riguardano proprio parte delle censure alla mediaconciliazione mosse da O.U.A. ed U.N.C.C., laddove il decreto n. 180/2010 “(…) non reca alcun criterio volto a individuare e a selezionare gli organismi di mediazione in ragione dell’attività squisitamente giuridica che essi andranno ad effettuare, e che è richiesto sia dalla normativa comunitaria (art. 4 direttiva 2008/52/CE), sia dalla legge delega (art. 60, lett. b)”. Ulteriormente, altri aspetti di incostituzionalità per eccesso di delega da parte del Governo verrebbero ravvisati dal fatto che l’esperimento del procedimento di mediazione assurge quale condizione di procedibilità (rilevabile anche d’ufficio) del successivo giudizio in riferimento alle controversie nelle previste materie, norma che di fatto si porrebbe in contrasto proprio con l’art. 24 della Costituzione precludendo ai cittadini l’accesso al proprio Giudice naturale, introducendo, dunque, un balzello non previsto dalla legge delega che tutela espressamente l’accesso diretto alla Giustizia. Proseguendo nella disamina effettuata dal T.A.R. Lazio, vengono altresì in gioco i criteri di “serietà ed efficienza” previsti per gli organismi di conciliazione selezionati attraverso l’accredito nel registro detenuto dal Ministero della Giustizia, che realizzerebbero un’indebita liberalizzazione del settore della mediaconciliazione “contravvenendo sia all’art. 4 della direttiva 2008/52/CE, sia alla citata legge di delega, lett. b), che fanno riferimento, rispettivamente, ai criteri della competenza e della professionalità”. Nello specifico, tali questioni rilevano ai fini della decisione sull’impugnazione delle norme previste dal regolamento ministeriale di cui al citato decreto n. 180/2010 nei seguenti termini: per quanto concernente l’art. 4, che omette di indicare – come invece imporrebbe la legge delega, peraltro non ripresa in questa parte dal decreto delegato – “(…) criteri volti a delineare i requisiti attinenti alla specifica professionalità giuridico-processuale del mediatore”, limitandosi ad imporre canoni di “serietà ed efficienza” agli organismi di conciliazione, qualsiasi interpretazione costituzionalmente orientata appare difficilmente perseguibile al Giudice amministrativo per la sostanziale diversità dei termini di riferimento; in relazione all’art. 5 del D.Lgs n. 28/2010, l’ esperimento della mediazione quale fase pregiudiziale obbligatoria tenderebbe a “conformare definitivamente i diritti soggettivi da essa coinvolti (…) anche laddove ne residui la giustiziabilità nelle sedi istituzionali e si intenda adire la tutela giudiziale”, aspetto che il Collegio adito non rinviene nella legge di delega, perciò configurando una violazione del richiamato art. 77 della Costituzione e dello stesso art. 24 anche nella parte in cui tutela il diritto di difesa. Insomma, anche solo da quanto qui sommariamente illustrato, senza pretesa alcuna di completezza espositiva (per la quale sarebbe necessaria una più approfondita indagine sulle 43 pagine dell’ordinanza di rimessione), è facile dedurre che – se la Corte Costituzionale avallasse le perplessità del T.A.R. Lazio, l’intero impianto della mediaconciliazione ne risentirebbe al punto da costringere il Governo a rimeditarne il meccanismo istitutivo ed attuativo. Per completezza d’informazione, comunque, occorre fornire conto degli interventi ad opponendum avanzati da talune associazioni pro mediazione dell’avvocatura, dall’Associazione Italiana dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili e dall’Unione Nazionale Giovani Dottori Commercialisti, che però dovranno attendere la decisione dell’A.G.A. che verrà resa non appena il processo riprenderà il suo corso dal momento in cui la Consulta avrà statuito sull’incidente di costituzionalità. (S.C. per NL)