Si arricchisce di un nuovo pronunciamento giurisprudenziale di massimo grado (questa volta di giustizia amministrativa) la vexata quaestio sul potere dell’Autorità giudiziaria ordinaria di ordinare modifiche ad impianti radiotelevisivi ai fini del coordinamento tecnico con altre emittenti.
Nell’ultima occasione, si ricorderà, avevamo dedicato attenzione ad un’importante decisione della Suprema Corte di Cassazione che si era inserita nel solco di precedenti orientamenti analoghi in forza dei quali era stata riconosciuta la devoluzione al giudice ordinario delle controversie instaurate da emittenti radiofoniche o televisive per far cessare i disturbi provocati da successivi utilizzatori della medesima frequenza. Tale principio, inizialmente stabilito con riferimento a condotte poste in essere prima della entrata in vigore della L. 223/1990, era stato in seguito riaffermato anche in relazione a fatti commessi in epoca successiva da soggetti muniti delle prescritte concessioni che erano sempre rilasciate con salvezza dei diritti dei terzi. In ossequio alla costante propria giurisprudenza, la Cassazione aveva dichiarato la giurisdizione del giudice ordinario, osservando come, in sostanza, non fosse in discussione la legittimità della concessione rilasciata dalla P.A., quanto il comportamento tenuto dalla controparte in violazione del diritto della ricorrente di non subire interferenze nello svolgimento dell’attività radiodiffusiva . Una vertenza del genere non poteva, quindi, che appartenere alla giurisdizione del giudice ordinario, in quanto non poteva essere racchiusa nella giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo e nemmeno in quella esclusiva di cui alla L. 1034/1971, artt. 5 e del D. Lgs 80/1998, art. 33, così come modificati dalla L. 205/2000, art. 7. Approfondendo questo ultimo aspetto, i giudici di legittimità avevano rimarcato, come, nel caso esaminato, non si vertesse in tema di pubblici servizi, ma di attività commerciali svolte da imprese private in regime di concorrenza senza delega di poteri e che, comunque, nel riservare a Giudice Amministrativo la cognizione delle cause in materia di concessioni di beni e servizi pubblici, le predette disposizioni avevano inteso riferirsi alle controversie promosse nei confronti della Pubblica Amministrazione e non a quelle fra privati, ancorché estese al contenuto od alla legittimità del provvedimento che avesse consentito ad uno di essi di svolgere l’attività che l’altro riteneva lesiva del proprio diritto. La Corte, nel suo excursus, aveva altresì esaminato l’eccezione secondo la quale non sarebbe stata soltanto la normativa generale, ma pure quella specifica di settore a radicare, nella specie, la giurisdizione del G.A., e questo perchè la L. 223/1990, art. 3 e la L. 122/1998, art. 1, avrebbero attribuito in via esclusiva alla P.A. la competenza a risolvere i problemi cagionati dalle interferenze, cosicché non avrebbe potuto essere adito il G.O. ma, al più, sollecitato l’intervento dell’Amministrazione e, eventualmente, attaccati gli atti davanti al T.A.R. Tuttavia, le Sezioni Unite non avvallarono tale ragionamento, osservando come la L. 223/1990 e le sue successive modificazioni ed integrazioni avessero conferito alla P.A. una serie di poteri di vigilanza e di controllo che, pur assurgendo a notevoli livelli d’intensità, non consentivano però di affermare che, di fronte alle interferenze, l’interessato non disponesse di altre forme di tutela se non quelle rappresentate dai predetti poteri e dal ricorso al G.A. contro il loro mancato o scorretto esercizio. Anche la tradizionale censura basata sul fatto che eventuali decisioni giudiziali destinate a gravare sugli assetti impiantistici avrebbero inciso sull’atto amministrativo in sé, determinando un’ingerenza del potere giudiziario intollerata dall’ordinamento, non era stata accolta dalla Corte, atteso che, per giurisprudenza costante, nelle controversie fra privati il divieto imposto dalla L. 2248/1865, all. E, art. 4, non atteneva alla giurisdizione, bensì al merito in quanto, data l’estraneità della P.A. al giudizio, aveva tema esclusivo soltanto nell’individuazione dei limiti interni posti dall’ordinamento alle attribuzioni del giudice ordinario. Alla luce dell’importante decisione, si osservava come, probabilmente, sarebbe diminuito fortemente il numero dei giudici di merito che si sarebbero dichiarati incompetenti a conoscere delle cause aventi ad oggetto le situazioni interferenziali tra emittenti radiotelevisive e, a maggior ragione, particolarmente critico sarebbe stato, da parte del MSE-Comunicazioni, non ratificare o comunque prendere atto delle modificazioni tecniche ordinate dall’A.G.O. ex art. 32 c. 2 L. 223/1990 (in concorrenza della P.A.), alla presenza dei presupposti di legge (e quindi salvi i diritti dei terzi), al fine di coordinare gli impianti radioelettrici. Orbene, a riguardo di quest’ultimo argomento, s’informava nell’occasione che già nel recente passato la D.G. dell’allora Ministero delle Comunicazioni ebbe a pronunciarsi positivamente a riguardo. Interpellata a riguardo dell’obbligo o meno del dicastero di intervenire (per quanto di competenza) affinché fosse rispettato il decisum del G.O. che aveva disposto una serie di modifiche ad impianti di radiodiffusione, la D.G., richiamando un proprio precedente parere, aveva osservato come “le pronunce del giudice civile possono rappresentare motivo per chiedere la modifica degli impianti di radiodiffusione in ottemperanza ad un obbligo di legge, ai sensi dell’art. 1, comma 4, della legge n. 122/98”. Sul piano procedurale, l’organo superiore dell’attuale MSE-Comunicazioni aveva ritenuto poi che “la parte a cui la sentenza del giudice civile fa obbligo di modificare gli impianti oggetto della concessione, debba inoltrare, ai sensi della legge 122/98, istanza di modifica degli impianti di cui trattasi al competente Ispettorato, il quale provvederà ad autorizzare la modifica imposta dal giudice, fatti i diritti dei terzi e nel rispetto della legge 122/98. Qualora la parte non si attivi presso l’Ispettorato per chiedere la modifica degli impianti oggetto della sentenza civile, la parte lesa potrà richiedere al giudice civile di far eseguire la sentenza tramite il giudice dell’esecuzione, ordinando la presentazione dell’istanza di modifica degli impianti”. Piuttosto, è controverso in dottrina se le emittenti destinatarie di provvedimenti di organi giurisdizionali incidenti sull’assetto radioelettrico debbano inoltrare istanza di ratifica delle condizioni operative ai sensi e per gli effetti dell’art. 28 c. 3 D. L.vo 177/2005 agli Ispettorati territoriali competenti, affinché questi ultimi, accertata l’inesistenza di pregiudizi per i terzi e, in genere, i requisiti ex lege, possano autorizzare sul piano amministrativo le modifiche disposte dall’A.G.O. ovvero se debbano ottemperare alle diposizioni impartite dagli organi giurisdizionali meramente trasmettendo il contenuto del provvedimento ai fini della presa d’atto ex art. 32, c. 2, L. n. 223/1990 ed ex art. 28, c. 3, D. Lgs. n. 177/2005 e s.m.i. (“ottemperanza agli obblighi di legge”), nonché in relazione a quanto previsto dall’art. 10, c. 1, lettere “n” e “o” D.P.R. n. 166/1995 e a mente dell’art. 4 allegato E L. 2248/1865 (Legge sul contenzioso amministrativo), laddove prescrive che le autorità amministrative “si conformeranno al giudicato dei Tribunali in quanto riguarda il caso deciso” previo ricorso per la modifica dell’atto amministrativo “in relazione all’oggetto dedotto in giudizio”. Ciò posto, si osserva come, incidentalmente, il Consiglio di Stato, con decisione depositata il 27/08/2010 (N. 05983/2010 REG. DEC. N. 06601/2005 REG. RIC.), abbia trattato della questione, confermando la vigenza della titolarità in capo all’A.G.O. del potere di ordinare modifiche impiantistiche ex art. 32 c. 2 L. 223/1990. Nel merito, il supremo organo di giustizia amministrativa, dibattendo sulla natura di provvedimento di organo giurisdizionale ex art. 32 c. 2 L. 223/1990 della “conciliazione giudiziale”, ha ritenuto che essa non potesse rientrare nella succitata previsione normativa. Secondo il Cds, infatti, “nella conciliazione giudiziale l’effetto di coordinamento e compatibilità tra impianti non può dirsi prodotto da provvedimento del giudice in senso proprio, essendo l’intervento di questi, come visto, funzionale all’autonomo effetto della chiusura del processo (senza efficacia di giudicato; Cass. Civ., sez. Lav. 04/12/1986, n. 7193), non alterando la natura consensuale dell’atto di composizione che le parti volontariamente concludono e dovendosi perciò ritenere la formula “Il Tribunale… autorizza”, adottata nella specie, non costitutiva di effetti sostanziali ma di quello, processuale, proprio dell’atto”. Tanto premesso, per quel che qui c’impegna, il passaggio rilevante della decisione è quello in cui gli stessi giudici amministrativi mostrano di concordare sulla natura (concorrente a quello della P.A.) del potere dell’A.G.O. di autorizzare modifiche impiantistiche (ovviamente nel rispetto dei diritti incomprimibili dei terzi). L’enunciazione del principio avviene allorquando i giudici richiamano la previsione dell’art. 32 L. 223/1990 (pag. 13 decisione) “che, nell’autorizzare, al comma 1, la prosecuzione dell’esercizio degli impianti in essere alla data di entrata in vigore della legge, e nel vietare la possibilità della “modificazione della funzionalità tecnico-operativa” dei detti impianti, consente, in via transitoria, l’eccezione di tali interventi di modificazione se derivanti da “provvedimenti di organi giurisdizionali” (così come da identici provvedimenti del Ministero delle poste e delle telecomunicazioni) volti al “coordinamento e alla compatibilità elettromagnetica con impianti radioelettrici” anche “delle emittenti private già esistenti”. (M.L. per NL)