Interessante decisione del Tribunale ordinario di Udine che conferma l’orientamento dottrinale maggioritario: una modifica non autorizzata ad un impianto di radiodiffusione sonora non configura sic et simpliciter l’irrogazione di una sanzione ex art. 98 c. 3 D. Lgs. 259/2003 (Codice delle comunicazioni elettroniche), quale rinvio ex art. 52 c. 1 D. Lgs. 177/2005 (Testo Unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici).
Come noto, l’art. 98 cc. 2 e 3 del richiamato D. Lgs. 259/2003 prevede che (c.2) “In caso di installazione e fornitura di reti di comunicazione elettronica od offerta di servizi di comunicazione elettronica ad uso pubblico senza la relativa autorizzazione generale, il Ministero commina, se il fatto non costituisce reato, una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 15.000,00 ad euro 2.500.000,00, da stabilirsi in equo rapporto alla gravita’ del fatto”; (c. 3) “Se il fatto riguarda la installazione o l’esercizio di impianti radioelettrici, la sanzione minima e’ di euro 50.000,00. 3. Se il fatto riguarda la installazione o l’esercizio di impianti di radiodiffusione sonora o televisiva, si applica la pena della reclusione da uno a tre anni. La pena e’ ridotta alla meta’ se trattasi di impianti per la radiodiffusione sonora o televisiva in ambito locale”. Nel merito della vicenda, era accaduto che un’emittente radiofonica aveva arbitrariamente risintonizzato una portante FM censita con passo di 50 KHz sull’adiacente valore a 100 KHz, per favorire la sintonizzazione attraverso la più parte dei ricevitori. L’Ispettorato Territoriale competente del Ministero dello Sviluppo Economico aveva accertato la modifica non autorizzata e, prescrivendo il ripristino della condizione di legittimità, aveva ritenuto applicabile al caso, ai sensi del rinvio ex art. 52 c. 1 D. Lgs. 177/2005, le sanzioni di cui all’art. 98 c. 3 D. Lgs. 259/2003, emettendo un’ordinanza ingiunzione per 3.000 euro più spese.
Come noto, l’art. 98 cc. 2 e 3 del richiamato D. Lgs. 259/2003 prevede che (c.2) “In caso di installazione e fornitura di reti di comunicazione elettronica od offerta di servizi di comunicazione elettronica ad uso pubblico senza la relativa autorizzazione generale, il Ministero commina, se il fatto non costituisce reato, una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 15.000,00 ad euro 2.500.000,00, da stabilirsi in equo rapporto alla gravita’ del fatto”; (c. 3) “Se il fatto riguarda la installazione o l’esercizio di impianti radioelettrici, la sanzione minima e’ di euro 50.000,00. 3. Se il fatto riguarda la installazione o l’esercizio di impianti di radiodiffusione sonora o televisiva, si applica la pena della reclusione da uno a tre anni. La pena e’ ridotta alla meta’ se trattasi di impianti per la radiodiffusione sonora o televisiva in ambito locale”. Nel merito della vicenda, era accaduto che un’emittente radiofonica aveva arbitrariamente risintonizzato una portante FM censita con passo di 50 KHz sull’adiacente valore a 100 KHz, per favorire la sintonizzazione attraverso la più parte dei ricevitori. L’Ispettorato Territoriale competente del Ministero dello Sviluppo Economico aveva accertato la modifica non autorizzata e, prescrivendo il ripristino della condizione di legittimità, aveva ritenuto applicabile al caso, ai sensi del rinvio ex art. 52 c. 1 D. Lgs. 177/2005, le sanzioni di cui all’art. 98 c. 3 D. Lgs. 259/2003, emettendo un’ordinanza ingiunzione per 3.000 euro più spese.
Era quindi insorta l’emittente colpita dal provvedimento, che aveva opposto al tribunale ordinario una serie di eccezioni, che l’organo giurisdizionale adito aveva ritenuto fondata limitatamente all’inapplicabilità della norma sanzionatoria richiamata nell’ordinanza ingiunzione. Per il giudice di merito, infatti, se era “pacifico che lo spostamento da parte di (…) della frequenza da (…) a (…) si configura come una modifica non autorizzata nella gestione degli impianti di radiodiffusione”, non vi era però modo di ritenere che questo comportamento potesse “rientrare nella norma sanzionatoria concretamente applicata (art. 98 c. 8 D. L.vo 259/2003) che punisce l’esercizio in difformità a quanto dichiarato in sede di rilascio dell’autorizzazione generale alla fornitura di reti e servizi di radiocomunicazione”. E ciò perché “l’emittente in questione non è soggetta al regime dell’autorizzazione generale così richiamata e non ha reso le relative dichiarazioni”. La ricorrente, osservava il Tribunale giudicante, era infatti titolare di concessione per l’esercizio di radiodiffusione sonora a carattere commerciale rilasciata a suo tempo dal Ministero delle Poste e Telecomunicazioni e non di autorizzazioni generale ottenuta tramite D.I.A. Era pur vero che, come motivava l’ordinanza ingiunzione, che ai sensi dell’art. 52 c. 1 D. Lgs. 177/2005 si applicano agli impianti di radiodiffusione sonora e televisiva le disposizioni sanzionatorie di cui agli articoli 97 e 98, commi da 2 a 9 del D. Lgs. 259/2003, ma ciò necessariamente (per il principio di legalità ex art. 1 L. 689/1981) poteva valere solo nella misura in cui il fatto, oltre che essere relativo ad impianti di radiodiffusione, coincida con la lettera (e non solo con lo “spirito”) della fattispecie astratta fissata nella norma richiamata. per tali motivazione il giudice accoglieva il ricorso e per l’affetto annullava l’ordinanza ingiunzione impugnata, condannando il Ministero alla rifusione delle spese legali in favore della ricorrente. (M.L. per NL)