Il Tribunale di Milano, in una sua recente sentenza (19/11/2009 – 14/4/2010 n. 4549), ha trattato l’attualissima problematica della diffusione di video musicali col metodo dello streaming on demand.
L’occasione per la disamina giuridica da parte dei giudici di merito è venuta dalle domande proposte dalla più famosa cantante italiana di musica leggera, Mina, riguardanti la regolamentazione dei diritti sulle performance dell’artista avvenute nel corso di noti spettacoli televisivi quali “Studio Uno”, “Milleluci”, “Teatro 10” e “Sabato Sera” e ritrasmesse on line. La cantante lamentava l’illegittimità dello sfruttamento delle proprie esecuzioni replicate via internet, sostenendo che, con i contratti a suo tempo conclusi con la Rai, avrebbe unicamente autorizzato la libera diffusione televisiva “tradizionale” delle proprie prestazioni artistiche, non quindi quelle replicate con i nuovi metodi on line. Secondo la convenuta gestore dei sistemi, invece, non pareva condivisibile la tesi prospettata secondo la quale dovrebbe esistere una netta distinzione fra TV interattiva e TV tradizionale trasmessa via etere o satellite. Entrambi i metodi di trasmissione, infatti, utilizzano le medesime tecniche di diffusione, mentre divergerebbero solo dal un punto di vista della posizione dello spettatore che, con il sistema on demand, può decidere “quando, cosa e per quanto tempo vedere” un determinato programma. La cantante faceva rilevare a sostegno della propria tesi che, con il sistema di video a richiesta, è possibile usufruire delle immagini audio-video potendo arrestare la riproduzione, andare indietro/avanti, vedere il contenuto a velocità diverse, ossia fruire della riproduzione scelta come se si fosse acquistato un DVD. Lo spettatore, inoltre, può agevolmente realizzare una copia su supporto digitale del programma scelto. L’attrice poi, richiamando le disposizioni comunitarie riguardanti la disciplina dei diritti di diffusione, art. 8 della Direttiva 92/100/CEE e Direttiva n. 29 del 2001, ha proposto al Tribunale milanese una particolare interpretazione dell’art. 80, secondo comma, lettere c) e d) della Legge sul diritto d’autore (L. 643/1941). Tale disposizione riguarda la disciplina dei diritti degli artisti interpreti e degli artisti esecutori ed in particolare prevede al secondo comma che “gli artisti interpreti e gli artisti esecutori hanno, indipendentemente dall’eventuale retribuzione loro spettante per le prestazioni artistiche dal vivo, il diritto esclusivo di: (…) c) autorizzare la comunicazione al pubblico, in qualsivoglia forma e modo, ivi compresa la messa a disposizione del pubblico in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente, delle proprie prestazioni artistiche dal vivo, nonché la diffusione via etere e la comunicazione via satellite delle prestazioni artistiche dal vivo, a meno che le stesse siano rese in funzione di una loro radiodiffusione o siano già oggetto di una fissazione utilizzata per la diffusione (…) d) autorizzare la messa a disposizione del pubblico in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente, delle fissazioni delle proprie prestazioni artistiche e delle relative riproduzioni; (…)”. L’attrice ha interpretato la norma scindendo in due la lett. c) del secondo comma del sopra riportato art. 80 e creando così a favore dell’artista esecutore due specifici diritti, uno riguardante la messa a disposizione al pubblico delle prestazioni dal vivo con i sistemi interattivi (diritto descritto dalla norma fino alla parola “nonché” della lett. c) e l’altro avente ad oggetto sempre la prestazione dal vivo ma trasmessa con i sistemi tradizionali, via etere o satellite (diritto descritto dalla norma successivamente alla parola “nonché” della lett. c). Vi sarebbero poi i diritti di cui alla lett. d) riguardanti la messa a disposizione al pubblico in maniera interattiva delle fissazioni delle proprie prestazioni artistiche. La conseguenza di tale interpretazione sarebbe l’illegittimità delle recenti utilizzazioni on demand delle performance dell’artista in quanto prive di una specifica autorizzazione a riguardo. Il Tribunale di Milano, invece, ha ritenuto che non sussiste alcuna ragione per scindere in due parti il testo della lettera c) del secondo comma dell’art. 80 l.a. Secondo il Tribunale “Tale norma, infatti, appare chiara nella formulazione ed evidente nella sua ratio, disciplinando unitariamente i casi di comunicazione al pubblico, in qualsivoglia forma e modo, ivi compresa la messa a disposizione del pubblico in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente (c.d. streaming on demand ndr) e di diffusione via etere e via satellite delle prestazioni artistiche dal vivo, mentre la lettera d) dello stesso comma disciplina la messa a disposizione del pubblico delle fissazioni delle (…) prestazioni artistiche e delle relative riproduzioni”. Per tale ragione, il Tribunale meneghino ha deciso di dovere applicare alla fattispecie in esame la previsione, con lettura ed interpretazione unitaria, della lettera c) del secondo comma dell’art. 80 l.a. La norma prevede poi che vi sia una eccezione alla necessità di autorizzazione allo sfruttamento delle prestazioni da parte dell’artista quando “le stesse (prestazioni, ndr) siano rese in funzione di una loro radiodiffusione o siano già oggetto di una fissazione utilizzata per la diffusione”, eccezione che nel caso sottoposto al Tribunale di Milano pare ricorrere. Dunque, il Tribunale ha osservato che, dato che le riproduzioni oggetto di causa riguardano, fra l’altro, prestazioni rese “in funzione di una loro radiodiffusione” o comunque “già oggetto di una fissazione utilizzata per la radiodiffusione”, ne consegue che rientrano nell’eccezione prevista dalla disposizione in esame, avendo ceduto parte attrice, con i contratti di scrittura artistico-televisiva stipulati “ogni diritto (…) per la libera diffusione televisiva delle prestazioni (…) per la registrazione con qualsiasi mezzo (…) per il libero uso a scopo di radiodiffusione (radiofonia, televisione, filodiffusione) in Italia e all’estero”. Con riguardo alla possibilità, eccepita dall’attrice a sostegno delle proprie domande, che lo spettatore ha di procurarsi una copia digitale di quanto trasmesso con i sistemi on demand, il Tribunale ha osservato che tale possibilità non viene consentita dal sistema on demand in sé, dato che per la creazione di una copia è necessario collegare appositi apparecchi non diversamente da quanto può avvenire nel caso di diffusione televisiva via etere o satellite. La lettera d) del secondo comma dell’art. 80 l.a., secondo il Tribunale meneghino, riguarda invece la diversa fattispecie della messa a disposizione al pubblico, con il sistema on demand, che tuttavia “consenta il cosiddetto downloading, prevedendo in particolare, la possibilità per l’utente di effettuare una copia digitale della prestazione resa”. In conclusione, a giudizio del Tribunale adito, l’autorizzazione resa dall’artista alla comunicazione di sue prestazioni tramite lo strumento televisivo comprende dunque anche la comunicazione effettuata mediante i nuovi media (streaming on demand). (Daniela Asero per NL)