Giulio Anselmi ed il rilancio de “La Stampa”

A tre anni dal suo arrivo al comando del quotidiano torinese, il direttore riassume la sua esperienza in un’intervista a “Prima Comunicazione”.
 
Una vita per il giornalismo, tre anni che hanno risollevato le sorti del quotidiano di casa Fiat, che rischiava seriamente di cadere in rovina. Ci ha pensato Giulio Anselmi, nel triennio alla direzione del giornale torinese, con alcuni accorgimenti grafici e contenutistici, a mutare le sorti de “La Stampa”. Una crescita lenta ma inesorabile che ha toccato le 311 mila copie nell’ultima rilevazione Audipress; il formato tabloid che ha dato nuova linfa vitale al giornale; un severo mantenimento di una linea editoriale tutt’altro che pop, perché, dice in un’intervista concessa a “Prima Comunicazione”, “Un giornale che scegliesse un taglio esclusivamente popolare, che ignorasse deliberatamente la politica e l’establishment, verrebbe respinto dal pubblico”. “La stampa” non si schiera apertamente con nessuna parte politica (eccezion fatta per la Fiat, sebbene non sia un’istituzione apertamente politica), ed Anselmi individua proprio nel legame stretto, viscerale, interdipendente, tra giornali e politica, uno dei mali congeniti del settore: “nel rapporto fra giornalismo e politica, ci sono elementi di vicinanza eccessiva. Ci sono giornalisti che sanno un sacco di cose che tengono per sé”, dice. Seppure, continua, “i giornali contano poco nell’opinione pubblica, che è molto più influenzata dalla televisione”, questi “contano ancora molto nell’establishment e fra gli opinion maker”. Sì, perché se internet rappresenta il futuro di un settore in lenta ma continua caduta (sia economica che strutturale), “il giornalismo scritto è ancora il nucleo duro del giornalismo italiano. La carta, tuttora, conserva un elemento di autorevolezza e credibilità che non si può attribuire a Internet. È quello che ci è rimasto e che va conservato con molta attenzione. Forse è l’ultimo bene che ci è rimasto”. Infine, il direttore risponde ad una domanda sui rapporti tra il suo giornale ed il sindaco di Torino, Chiamparino, recentemente burrascosi. “Noi abbiamo l’obbligo di fare un giornale che non sia provinciale – sostiene – senza, tuttavia, dimenticare in che contesto nazionale viviamo. Chiamparino è un buon sindaco, ma poi succede che un centrosinistra in grande difficoltà se lo sta immaginando in tutti i ruoli, come una figura salvifica, e questo non gli giova”. (G.M. per NL)

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