Giornalisti. Riforma dell’Ordine: meno consiglieri e giudizi più tempestivi

C’è da mettere mano ad una profonda revisione della legge istitutiva, che risale a 45 anni fa


A dimostrazione di essere impegnato nella garanzia di diritti generali e non di interessi particolari, l’Ordine dei Giornalisti rilancia l’iniziativa per una radicale autoriforma, sulla quale chiede al Parlamento di assumersi le proprie responsabilità. .

I cardini della proposta sono tre: dimezzamento del numero dei consiglieri nazionali, accesso al professionismo attraverso un percorso formativo specializzato, snellimento delle procedure per i provvedimenti disciplinari in modo da renderli più tempestivi ed efficaci.

All’inizio di luglio il Comitato Esecutivo ha fatto proprio un documento di indirizzi votato all’unanimità dalla Commissione Giuridica. Il testo è adesso all’attenzione di tutti i consiglieri nazionali e degli Ordini regionali, e in ottobre il Consiglio nazionale lo discuterà in una apposita sessione.

Primo punto il numero: per effetto dei meccanismi rigidi della legge in vigore, il Consiglio nazionale è oggi composto da più di 130 persone. L’ipotesi di autoriforma le fa scendere a una settantina.

Secondo l’accesso. Sempre per i vincoli di legge, il professionismo è finora precluso a molti che pure hanno il giornalismo come mestiere esclusivo. Essi sono “parcheggiati” nell’elenco dei pubblicisti. La riforma prospettata prevede, invece del praticantato, due fasi di formazione: base di partenza una laurea triennale, seguita da un biennio specialistico (laurea magistrale in giornalismo, master o scuola riconosciuta dall’Ordine). Rimane, non come via principale, l’accesso già in presenza di un contratto di formazione-lavoro, con tirocinio in redazione e studio in strutture esterne certificate dall’Ordine.

Al termine del biennio si accede all’esame di professionista.

Si prevede un congruo periodo di transizione, di alcuni anni, tra il vecchio e il nuovo ordinamento, affinché tutti coloro che lavorano nel giornalismo e vivono di esso possano essere ammessi all’esame, anche senza i nuovi requisiti.

L’elenco dei pubblicisti rimane per gli esperti, portatori di esperienze e specializzazioni (il pubblicista “classico”). L’accesso dovrà però, per il futuro, passare attraverso un corso, dedicato soprattutto a norme e doveri del giornalista, seguito da una prova finale di verifica.

Pilastro di tutta la riforma è comunque la deontologia. Lo scopo è ottenere giudizi solleciti ed equi, garantendo il rispetto delle norme sulla professione e la tutela degli interessi generali. Per questo si propone di istituire una Commissione Deontologica in grado di assumere decisioni in caso di avvertimento e censura. Per le ipotesi più gravi, sospensione e radiazione, l’ultima parola spetterà ancora al Consiglio nazionale, ma con procedure abbreviate rispetto alle attuali.

Queste, in estrema sintesi, le proposte. Resta da ricordare il paradosso di una categoria che spesso è accusata di essere corporativa e conservatrice, mentre da decenni chiede, con formulazioni precise, al Parlamento, una riforma che le consenta di muoversi nella realtà di oggi, quella di Internet e della comunicazione globale, non immaginabile nel 1963 quando l’Ordine venne istituito per legge.

E’ del tutto evidente che i limiti dell’azione di autogoverno dei giornalisti sono solo in parte ovviabili con l’attivismo e i comportamenti virtuosi. Potranno essere superati davvero soltanto con una nuova normativa che vada nel senso che ha indicato l’Ordine, con l’assenso di tutti gli organismi di categoria.

(OdG.it 5 luglio 2008)

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