Giornalisti. Pubblicista costretto a rivelare in aula la fonte delle sue notizie. Odg: violazione decisione Corte europea diritti uomo

tribunale di siena - Giornalisti. Pubblicista costretto a rivelare in aula la fonte delle sue notizie. Odg: violazione decisione Corte europea diritti uomo

Il Tribunale di Siena bolla la critica dell’Ordine nazionale dei Giornalisti come “ingiustificata e lesiva della dignità professionale del magistrato che ha presieduto l’udienza e dell’immagine dell’Ufficio“.
La reazione dell’Ordine: “La Corte europea dei diritti dell’Uomo ha chiarito che in base all’articolo 10 della Convenzione europea il giornalista ha il diritto di non svelare la fonte, sottolineando che non si tratta di un privilegio ma di un aspetto essenziale per assicurare la libertà di stampa e il diritto della collettività a ricevere informazioni. La Cedu non ha distinto tra categorie di giornalisti”. Franco Abruzzo: “Il Tribunale di Siena ha disapplicato non solo un giudicato della Cassazione quant’anche i giudicati della Corte costituzionale e del Consiglio d’Europa, che impongono il rispetto delle sentenze di Strasburgo da parte dei magistrati nazionali
Il Tribunale di Siena ritiene “ingiustificata e lesiva della dignità professionale del magistrato che ha presieduto l’udienza e dell’immagine dell’ufficio l’affermazione contenuta nella nota dell’Ordine dei giornalisti”, affermano in una nota il presidente della sezione penale, Luciano Costantini, e il presidente del Tribunale, Roberto Carrelli Palombi. L’Odg nazionale aveva manifestato sconcerto per quanto accaduto nel corso di un’udienza dove un giornalista, Augusto Mattioli, citato come teste, era stato costretto a rivelare la sua fonte perché, essendo pubblicista, non poteva valersi del segreto professionale. “Il giornalista ha testimoniato, scrivono i due magistrati, essendo stata riconosciuta la sussistenza di ragioni ostative al riconoscimento del segreto”, specificando che “da un lato la considerazione che l’informazione circa il nominativo della fonte non era più segreta, per averla lo stesso giornalista riferita informalmente ad un ufficiale di polizia giudiziaria” e che, “da un altro lato la qualifica di pubblicista che, per espresso disposto normativo, in mancanza di un intervento del legislatore che appare senz’altro auspicabile anche per evitare spiacevoli situazioni come quella attenzionata dall’Ordine dei giornalisti, non lo abilita a valersi del segreto professionale riconosciuto solo in favore del giornalista professionista”. “Tanto si doveva per ristabilire la verità dei fatti anche a fronte di notizie apparse sulla stampache fanno pure riferimento ad un ‘attacco deliberato alla libertà di stampa'”, conclude il Tribunale di Siena. (E.G. per NL)

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