I praticanti in possesso di titolo di studio non inferiore al diploma di laurea triennale non sono tenuti a sostenere l’esame di cultura generale, ai fini dell’iscrizione al Registro. Per i pubblicisti l’iscrizione all’Albo subordinata anche al «superamento di un esame di cultura generale».
Sono tre i punti cardine della riforma dell’Ordine dei giornalisti approvata in commissione Cultura alla Camera. Le modifiche principali riguardano l’accesso alla professione, lo snellimento del Consiglio Nazionale realizzato attraverso la riduzione del numero dei consiglieri e gli organi chiamati a giudicare sulle violazioni al codice deontologico e non solo. Sulla riforma, che è stata approvata all’unanimità, dovranno ora esprimere un parere le altre commissioni e il governo. Il testo tornerà quindi in commissione Cultura, per il via libera in sede legislativa, presumibilmente nel giro di pochi giorni. Il progetto passerà poi al Senato, dove, salvo imprevisti, dovrebbe seguire lo stesso percorso di Montecitorio. La riforma, che recepisce le indicazioni dell’Ordine dei giornalisti, fa salvi i principi generali stabiliti dalla legge numero 69 del 1963, e cioè il diritto all’informazione e i doveri del giornalista, tra cui il rispetto della verità sostanziale dei fatti. In merito all’accesso alla professione, il possesso della laurea gioca un ruolo qualificante. I praticanti in possesso di titolo di studio non inferiore al diploma di laurea triennale non sono tenuti a sostenere l’esame di cultura generale di cui all’articolo 33 della legge 3 febbraio 1963, n. 69, ai fini dell’iscrizione al registro dei praticanti. Gli aspiranti pubblicisti dovranno «superare un esame di cultura generale». Il secondo aspetto della riforma riguarda lo snellimento del Consiglio Nazionale, per il quale è previsto un tetto di 90 membri e un rapporto di due a uno tra professionisti e pubblicisti, per rafforzare la dimensione professionale della categoria. La riforma istituisce, inoltre, una Commissione Deontologica nazionale competente per le decisioni sui reclami contro le deliberazioni dei consigli regionali in materia disciplinare. In caso di sanzione superiore alla censura, la deliberazione della Commissione deontologica è sottoposta a ratifica del Consiglio Nazionale dell’Ordine. Si prevede, infine, la creazione di un "Giurì per la correttezza dell’informazione", istituito presso ogni distretto di Corte di appello e composto da cinque membri, tra rappresentanti dell’Ordine dei giornalisti e magistrati. Il giurì tutela le posizioni giuridiche di soggetti terzi rispetto all’ordinamento professionale ed è chiamato a svolgere un tentativo di conciliazione, per evitare il ricorso al giudizio ordinario civile o penale. (fonte: ANSA, Michele Cassano; Lavori parlamentari delal Camera dei Deputati)