E’ iniziato intorno alle 10.30 di sabato mattina, a Palermo, il corteo, quello che il presidente dei giornalisti siciliani, Franco Nicastro, ha definito una “passeggiata”, per testimoniare la propria solidarietà nei confronti di Lirio Abbate (foto), il giornalista dell’Ansa finito nel mirino della criminalità organizzata siciliana dopo il libro, scritto insieme a Peter Gomez, “I complici”. La manifestazione, organizzata dai colleghi de “Il Giornale di Sicilia” e “Tgs”, insieme all’Ordine nazionale ed alla Fnsi, è partita da Piazza Croci, per terminare al Teatro Massimo, in pieno centro del capoluogo siciliano. Molti gli esponenti del mondo del giornalismo italiano presenti, a cominciare dal presidente ed il segretario nazionale dell’Ordine, Lorenzo Del Boca ed Enzo Iacopino, il direttore responsabile dell’Ansa, Giampiero Gramaglia e molti colleghi di Abbate della sede di Palermo e di quella centrale di Roma. E poi esponenti politici (tra cui il sindaco del capoluogo, Diego Cammarata) e di molte associazioni che combattono la mafia, da Rita Borsellino alla vedova di Libero Grassi, fino al vicepresidente della Commissione nazionale antimafia, Giuseppe Lumia.
Il segnale che il corteo si prefiggeva di dare era molto forte e, nonostante la folla al seguito fosse piuttosto sparuta, i protagonisti del corteo hanno lanciato un messaggio a Cosa nostra: il giornalismo, perlomeno certo giornalismo, non ci sta ed intende continuare a testimoniare ed a sbugiardare qualsiasi forma di collusione tra mafia e politica. Proprio come ha fatto Lirio Abbate, trentaseienne cronista dell’Ansa di Palermo, che dallo scorso maggio vive sotto protezione di una scorta dopo l’uscita in libreria del libro “I complici – Tutti gli uomini di Bernardo Provenzano da Corleone al Parlamento”, scritto in collaborazione con Peter Gomez. Nel libro si fanno i nomi dei collusi, di quegli esponenti politici uniti a doppio filo alle istituzioni ed alla criminalità organizzata. In questo modo Abbate e Gomez sono andati a toccare un tasto molto delicato per gli interessi economici e politici della mafia e, in seguito a reiterate minacce, al cronista siciliano è stata concessa una scorta lo scorso mese di maggio, prima di essere trasferito alla sede centrale dell’Ansa, a Roma. Tornato solo due settimane fa a Palermo, lo scorso 1 settembre qualcuno ha cercato di sistemare un ordigno incendiario rudimentale ma perfettamente funzionante sotto la sua auto, posteggiata nei pressi della sua abitazione del quartiere popolare della Kalsa. Abbate, comunque, ieri ha annunciato, visibilmente emozionato da quella manifestazione indetta in suo onore, che resterà a Palermo per dare un segnale forte a tutti coloro, giornalisti e non, che intendono fronteggiare lo spregevole fenomeno dei rapporti tra politica e mafia. Gomez, che ha preso parte alla “passeggiata”, ha dichiarato di aspettarsi “che i partiti espellano i mafiosi”, dopo il duro segnale dato dalla società. Sabato, infatti, i manifestanti hanno rivendicato “il diritto a lavorare senza minacce, senza scorta, armati solo di penna e taccuino, del dovere di raccontare quello che vedono”. E’ quello che Abbate e tutti i suoi colleghi chiedono, una cosa banalissima e fondamentale, ma che in Italia, chissà perché, finisce per trasformarsi in un’utopia. (Giuseppe Colucci per NL)