Giornalisti – Casse professionisti chiedono di determinare requisiti accesso prestazioni previdenziali

OdG Milano: “Colleghi in attività, vi portano via la pensione maturata! Ribellatevi!”


di Franco Abruzzo

da OdG Milano

L’emendamento 2973 alla Finanziaria porta la firma del ministro del Lavoro Cesare Damiano – Le casse dei professionisti chiedono poteri “parlamentari” tra i quali quello di determinare liberamente i “requisiti di accesso” alle prestazioni previdenziali (= taglio delle pensioni)

“Colleghi in attività, vi portano via la pensione maturata! Ribellatevi!”

Con le riserve legali da 15 a 30 anni l’Inpgi corre rischi fortissimi. Giornalisti, sveglia!!!

Attraverso un emendamento alla legge finanziaria, le Casse di previdenza dei liberi professionisti chiedono poteri più ampi rispetto a quelli accordati dall’art. 3 comma 12 della legge 335/95: quello di determinare liberamente i “requisiti di accesso” alle prestazioni previdenziali e quello di adottare “ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico avuto riguardo al principio del pro rata …. e comunque tenuto conto dei criteri di gradualità e di equità fra generazioni”. Le Casse vorrebbero inoltre portare da 15 a 30 anni le riserve legali (forse confidando nei progressi della astrologia, in considerazione dei vorticosi ed imprevedibili cambiamenti in ordine al rapporto iscritti-pensionati, alle modalità di svolgimento delle professioni, alle condizioni socio-economiche). Commissario straordinario per le casse che non affrontano “le esigenze di riequilibrio”.

Emendamento n. 2973

Dopo l’articolo inserire il seguente:

“Art.

1. I primi due periodi del comma 12 dell’articolo 3 della legge 8 agosto 1995, n. 335, sono sostituiti dai seguenti:

“12. Nel rispetto dei principi di autonomia affermati dal decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e dal decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, e con esclusione delle forme di previdenza sostitutive dell’assicurazione generale obbligatoria, allo scopo di assicurare l’equilibrio di bilancio in attuazione di quanto previsto dall’articolo 2, comma 2, del suddetto decreto legislativo n. 509 del 1994, la stabilità delle gestioni previdenziali di cui ai predetti decreti legislativi è da ricondursi ad un arco temporale non inferiore ai 30 anni. Il bilancio tecnico di cui il predetto articolo 2, comma 2, è redatto secondo criteri determinati con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, sentite le associazioni e le fondazioni interessate, sulla base delle indicazioni elaborate dal Consiglio nazionale degli attuali nonché dal Nucleo di valutazione della spesa previdenziale. In esito alle risultanze e in attuazione di quanto disposto dal suddetto articolo 2, comma 2, sono adottati dagli enti medesimi, ai fini dell’equilibrio finanziario di lungo termine, provvedimenti di determinazione dei requisiti di accesso ai trattamenti pensionistici, di variazione delle aliquote contributive, di riparametrazione dei coefficienti di rendimento o di ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico avuto riguardo al periodo al principio del pro rata in relazione alle anzianità già maturate rispetto all’introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti e comunque tenuto conto dei criteri di gradualità e di equità fra generazioni. Qualora le esigenze di riequilibrio non vengano affrontate, dopo aver sentito l’ente interessato e la valutazione del Nucleo di valutazione della spesa previdenziale, possono essere adottate le misure di cui all’articolo 2, comma 4, del decreto leg islativo 30 giugno 1994, n. 509”.

2. Sono fatti salvi gli atti e le deliberazioni in materia previdenziale adottati dagli enti di cui al comma 1 ed approvati dai Ministeri vigilanti prima dell’entrata in vigore della presente legge.

Relazione illustrativa.

La norma proposta ha lo scopo, al comma 1, di assicurare nel lungo periodo la solidità finanziaria degli enti previdenziali privati, da un lato offrendo a tali enti una maggiore flessibilità di interventi nella definizione delle misure atte e a mantenere l’equilibrio finanziario, dall’altro, stabilendo un procedimento più rispettoso per la predisposizione del bilancio tecnico. Inoltre, il periodo temporale cui va ricondotta la stabilità delle gestioni è prolungato dagli attuali 15 anni a 30 anni, mentre sono comunque ribaditi i principi dell’applicazione, negli interventi posti in atto dagli enti, di criteri di gradualità e di equità fra generazioni.

Il comma 2 è volto a risolvere i casi di contenzioso che si sono recentemente prodotti su delibere degli enti, approvate dai Ministeri vigilanti, che hanno modificato il regime degli Enti medesimi.

Relazione tecnica.

La norma non prevede oneri a carico della finanza pubblica.

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Appello a Padoa Schioppa perché fermi Damiano!
Il commento dell’Avv. ANNA CAMPILII

Via Zarotto, 47 – 43100 PARMA PR Tel 0521.492262 Fax 0521-467434 – Mail [email protected]

Sono l’avv. Anna Campilii di Parma e difendo alcuni ex professionisti pensionati in causa contro le loro Casse privatizzate, le quali hanno sperperato la liquidità nello sboom borsistico di fine millennio (e in altri modi da indagare). Esse, anziché dichiarare apertamente le perdite e pareggiarle attraverso un aumento dei contributi a carico dei soci, preferiscono cancellare in silenzio i debiti contratti verso gli ex soci, tagliando le pensioni. Allego l’ultima bozza di emendamento alla finanziaria e le mie considerazioni sulle “oscenità delle Casse”, confidando che il Ministro Padoa Schioppa voglia ottenere dal ministro del Welfare di bloccare l’emendamento in quanto palesemente ingiusto e causa di ricadute sulla finanza pubblica. Vedasi pure il sito www.odg.mi.it/docview.asp?DID=2552

EMENDAMENTO SULLA RIFORMA DELLE CASSE PROFESSIONALI.

Attraverso un emendamento alla legge finanziaria, le Casse di previdenza dei liberi professionisti chiedono poteri più ampi rispetto a quelli accordati dall’art. 3 comma 12 della legge 335/95: quello di determinare liberamente i “requisiti di accesso” alle prestazioni previdenziali e quello di adottare “ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico avuto riguardo al principio del pro rata …. e comunque tenuto conto dei criteri di gradualità e di equità fra generazioni”

Le Casse vorrebbero inoltre portare da 15 a 30 anni le riserve legali (forse confidando nei progressi della astrologia, in considerazione dei vorticosi ed imprevedibili cambiamenti in ordine al rapporto iscritti-pensionati, alle modalità di svolgimento delle professioni, alle condizioni socio-economiche).

Apparentemente, cambia poco rispetto alla formulazione dell’originario articolo 3 comma 12 della legge 335/95, ma in realtà i nuovi poteri previsti dall’emendamento sono smisurati, posto che il loro limite è costituito dallo scopo “astrologico” di assicurare l’equilibrio di bilancio a 30 anni e che le modifiche possono essere adottate non solo con riferimento al chiarissimo principio del pro rata, ma anche in considerazione di evanescenti “criteri di gradualità e di equità fra generazioni”.

Inoltre, una poderosa mente labirintica e mistificatrice ha inserito un secondo comma che fa salve le delibere approvate dalle Casse prima della riforma dell’art. 3 comma 12 legge 335/95.

In altri termini, nel primo comma si afferma che sarà rispettato il principio del pro rata, nel secondo comma si fanno salve le delibere prese in violazione del pro-rata.

Queste poche parole vorrebbero perpetuare nel corso degli anni le modifiche peggiorative già approvate in violazione del pro rata e risolvere a favore delle Casse il contenzioso in corso, stroncando quello futuro, in quanto le delibere pregresse non potrebbero essere più impugnate e le cause pendenti sarebbero definite togliendo retroattivamente il limite del pro rata.

Si capisce che le delibere pregresse soddisfano tutti i desideri delle Casse, presenti e futuri, in quanto producono effetti duraturi e si capisce allora perché per il futuro le Casse abbiano rinunciato (nel primo comma) al proposito di scardinare il principio del pro-rata : a loro basta averlo scardinato con le delibere già prese, i cui effetti sono destinati a prodursi in futuro.

Ricordo che varie delibere dispongono, a macchia di leopardo fra le varie Casse, le seguenti modifiche peggiorative in spregio del principio di gradualità (detto pure del pro-rata):

– la riduzione delle aliquote di rendimento;

– l’introduzione di un “tetto” pensionistico per i professionisti che hanno versato i contributi su tutto il reddito quando il tetto non esisteva;

– l’annacquamento della media reddituale mediante l’innalzamento del periodo di riferimento e del periodo di computo;

– l’applicazione di un “coefficiente di neutralizzazione” che significa taglio delle pensioni di anzianità al fine di scoraggiarle;

– introduzione di un “contributo di solidarietà”, che significa taglio di tutte le pensioni reddituali;

– introduzione del pro-rata contributivo dal 01.01.04 anche per i pensionati con oltre 18 anni di contributi all’epoca di introduzione delle riforme (operazione non consentita dalla legge 335/95);

– soppressione dell’obbligo di restituire i contributi soggettivi ai professionisti che si cancellano dall’albo senza avere conseguito il diritto a pensione.

Non ci vuole un attuario, per capire che il quadro delle modifiche peggiorative è di per sé sufficiente a soddisfare tutte le associazioni aderenti all’Adepp, che vogliano far quadrare i bilanci attraverso la cancellazione dei debiti contratti con gli ex soci e con i soci ormai prossimi al pensionamento, anziché dedicarsi all’innalzamento dei contributi oppure ad una più oculata e trasparente gestione delle risorse (ingenti sono state le perdite per lo sboom borsistico di fine millennio, mentre non risultano indagini della Corte dei conti sull’adeguatezza dei criteri di gestione).

Ma la poderosa mente labirintica e mistificatrice non potrà scardinare i diritti umani, che anche l’Italia deve rispettare e dei quali magistratura (nostrana o sovranazionale) imporrà il rispetto.

La Corte europea dei diritti dell’uomo -nella sentenza del 19 ottobre 2000- ha accertato la violazione dell’art. 1 del protocollo addizionale alla convenzione da parte dello Stato italiano, in accoglimento di un ricorso proposto da un avvocato, al quale il decreto legge n. 166 del 1996 aveva precluso il recupero delle spese processuali, avendo disciplinato i rapporti pendenti con previsione dell’estinzione dei giudizi e compensazione delle spese.

L’estinzione d’ufficio dei giudizi pendenti, senza il riconoscimento dei diritti azionati, e il divieto di impugnativa violano l’ art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti Umani (CEDU): “Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente ed imparziale costituito per legge, il quale deciderà sia sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile, sia della fondatezza dell’accusa penale che le venga rivolta”. Da questa norma deriva che il soggetto che instaura ritualmente un processo, e ritualmente lo coltiva, ha diritto ad una decisione nel merito, a meno che il diritto fatto valere in giudizio non sia spontaneamente riconosciuto in corso di causa dalla controparte, con conseguente cessazione della materia del contendere. In base alla CEDU, tutte le cause che saranno radicate prima della riforma saranno dunque in salvo e forse anche quelle successive.

La relazione tecnica all’emendamento dice poi: “La norma non prevede oneri a carico della finanza pubblica”.

Ma si tratta di un’affermazione non vera, in quanto l’intento di far risparmiare le Casse professionali attraverso il salvataggio coatto delle delibere già prese senza l’osservanza del principio del pro rata, viola l’art. 6 della Convenzione, che è immediatamente applicabile nell’ordinamento interno, ed espone lo Stato Italiano a numerose condanne ex art. 41 della Convenzione, con un costo rilevante per la collettività nazionale e con la traslazione di oneri dalle Casse professionali allo Stato italiano. Non si tratta certo di un brillante risultato per l’attuale Governo, il quale non dovrebbe sovvenzionare in nessun modo le Casse professionali.

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