Comunicato Ordine dei giornalisti – Milano
Milano, 25 gennaio 2007. Pubblichiamo il parere del Pg sul ricorso presentato dal giornalista Giovanni (Gianni) Gambarotta avverso la delibera disciplinare del Consiglio Regionale dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia adottata in data 11 dicembre 2006:
Il Procuratore Generale
presso la Corte d’Appello di Milano, in persona del sostituto, dott.ssa Maria Antonietta Pezza;
letta la delibera in oggetto con la quale è stata applicata al giornalista Giovanni Gambarotta, già direttore responsabile del periodico “Il Mondo”, la sanzione della radiazione per violazione degli artt. 2, 48 della legge professionale (n. 69/1963), dell’art. 1 del Cnlg. e della Carta dei doveri del giornalista;
letto il ricorso presentato dal difensore avverso la citata delibera (ricorso depositato in data 29.12.2006; delibera comunicata a mezzo posta elettronica in data 14.12.2006 e notificata in data 18.12.2006),r,,
Osserva
Esaminate le doglianze difensive reputa la scrivente di effettuare le assorbenti considerazione qui di seguito enunciate.
Al giornalista Giovanni Gambarotta è stato addebitato uno specifico fatto storico emerso a seguito della pubblicazione sul quotidiano “Corriere della Sera”, nell’edizione del 13.05.2006, di uno stralcio delle dichiarazioni rilasciate dall’ex amministratore delegato della Banca Popolare di Lodi Giampiero Fiorani ai Pubblici Ministeri che lo interrogavano.
Il fatto addebitato consiste nell’avere incassato la somma di denaro di 30 mila curo elargita da Fiorani con l’obiettivo “di acquistare pagando almeno la neutralità o la benevolenza del periodico diretto da Gambarotta negli avvenimenti di cui quell’istituto era protagonista” (vedi avviso disciplinare).
Compito essenziale del Consiglio territoriale era quello di accertare in termini univoci e rigorosi la sussistenza di quel fatto, da sempre e da subito contestato dal giornalista incolpato nelle varie sedi in cui ha avuto modo di esprimersi pubblicamente, essendo evidente che la prova di esso, stante la particolare gravità della violazione delle regole di deontologia professionale scaturente dalla condotta addebitata, avrebbe comportato automaticamente l’applicazione di sanzione disciplinare.
Ebbene ad avviso della scrivente l’esito dell’istruttoria svolta in sede territoriale non consente di ritenere che detta prova sia stata raggiunta di talchè il giornalista dovrà essere mandato assolto dall’addebito ascrittogli.
Nucleo fondante delle delibera disciplinare è costituito dalle dichiarazioni di Boni e di Fiorani definite (impropriamente) quali “testimonianze”.
Si è in realtà al di fuori dalla testimonianza (prova orale) per tale dovendo intendersi, sotto il profilo tecnico-processuale, l’insieme delle dichiarazioni rese al giudice da una persona estranea alla controversia con riferimento ai fatti di cui è a conoscenza e con obbligo, sanzionato penalmente, di dire la verità su quanto narrato, essendosi invece in presenza di dichiarazioni, quelle di Boni e di Fiorani, rese da indagati di gravi reati sottoposti a misura cautelare custodiale e dunque rese da soggetti che non erano tenuti, come sono i testimoni, a dire il vero in ordine ai fatti sui quali vengono interrogati essendo le dichiarazioni degli indagati di natura eminentemente difensiva con riferimento ai reati loro addebitati.
A fronte della dichiarazione di estraneità al fatto da parte del giornalista ed a fronte della eccezione difensiva di acquisizione irrituale dei verbali delle dichiarazioni di Boni e di Fiorani (consegnati al Consiglio territoriale da una componente del c.d.r della RCS Periodici sentita in sede di istruttoria la quale a sua volta li aveva ottenuti in via non ufficiale) nonchè a fronte della connessa eccezione di inutilizzabilità dei verbali medesimi (perché secretati) non si è ritenuto di effettuare alcun pertinente approfondimento istruttorio ed in particolare non si è ritenuto di procedere all’audizione dei suddetti dichiaranti né in sede di decisione si è ritenuto di procedere ad un vaglio di dette dichiarazioni (prive di indicazioni circa il contesto e circa il tempo in cui il fatto narrato si sarebbe verificato).
Si è invece ritenuto di dare senz’altro valore di prova a quelle dichiarazioni e di superare le eccezioni del giornalista rimarcandosi come fosse suo onere di chiedere i verbali delle dichiarazioni rese da Boni e da Fiorani all’A.G. investita delle indagini sulla vicenda penale e come fosse parimenti suo onere, qualora si fosse trattato di verbali secretati, assumere iniziative giudiziarie nei confronti del quotidiano (Corriere della Sera) che quei verbali aveva pubblicato così aggirandosi compiti di verifica che spettavano all’organo investito dell’istruttoria.
Escluso che le dichiarazioni rese dagli indagati Boni e Fiorani siano da qualificarsi come testimonianze (difettando dei requisiti essenziali) esse costituiscono elementi di sospetto in ordine al fatto narrato che per essere ritenuto provato avrebbe dovuto essere suffragato da robusti elementi di riscontro fattuale o logico.
Ebbene non può ritenersi che siano emersi elementi a sostegno, delle dichiarazioni suddette con riferimento al prospettato asservimento ed all’asserita benevolenza del giornale diretto da Gambarotta nei confronti di Fiorani, della sua banca o dei suoi amici/ sostenitori.
Le copertine del “Mondo” prodotte in istruttoria hanno dato conto della linea critica del giornale nel periodo “caldo” delle vicende Fiorani/Ricucci/Bankitalia ed anche con riferimento al periodo antecedente laddove la pregressa mancata pubblicazione del “dossier” di Stefano Elli ha trovato una spiegazione nelle parole di Gambarotta e dello stesso Elli che non si presta ad essere interpretata come voluta benevolenza nei confronti di Fiorani.
Costituisce infine un evidente salto logico l’affermazione del Consiglio secondo cui la mancata assunzione da parte di Gambarotta di iniziative legali nei confronti di Boni e di Fiorani costituirebbe un’implicita ammissione della percezione del denaro essendo detto comportamento, peraltro spiegato dal giornalista, del tutto neutro con riferimento all’accusa di un fatto violativo delle regole deontologiche la cui prova doveva essere fornita da chi quell’accusa aveva elevata (vige anche nel giudizio disciplinare la regola civilistica sull’onere della prova).
p. q. m.
chiede che il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti voglia riformare la delibera impugnata mandando assolto il giornalista Giovanni Gambarotta dall’addebito ascrittogli disponendo, nelle more, la sospensione dell’efficacia esecutiva della delibera medesima.
Milano 22.01.2007