Interessanti pronunce della giurisdizione di merito sull’attività giornalistica. Corte di Appello di Roma: 1) confermati i criteri distintivi del rapporto di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.) in ambito giornalistica; Tribunale di Roma: 2) sono dovuti i contributi all’INPGI anche in assenza del pagamento della retribuzione al giornalista.
Il merito del giudizio sui co.co.co.
La Corte d’Appello di Roma (IV Sezione Lavoro), con sentenza n. 36/2022 ha confermato la decisione del Tribunale di Roma in funzione di Giudice del Lavoro, a favore dell’Inpgi, riconoscendo la natura di co.co.co. all’attività lavorativa svolta da un giornalista presso l’Ufficio Stampa di una P.A.
Co.co.co. o lavoro autonomo?
A seguito di accertamento ispettivo l’Inpgi, infatti, aveva riqualificato quel rapporto di lavoro come collaborazione coordinata e continuativa ai sensi dell’art. 409 c.p.c., rapporto che invece era stato formalmente inquadrato dall’amministrazione come di lavoro autonomo.
Le differenze secondo la Corte di appello
La Corte, nelle motivazioni della sentenza, ha ribadito le differenze tra lavoro autonomo e collaborazione coordinata e continuativa, sottolineando come quest’ultima sia “un rapporto di lavoro che si caratterizza per la continuità della prestazione, che viene espletata in coordinamento con il committente e in maniera prevalentemente personale; tale attività si concretizza quindi un una prestazione d’opera non occasionale e presuppone lo svolgimento di una attività strutturalmente e funzionalmente inserita nell’organizzazione del preponente, con assoggettamento alle direttive di massima dello stesso.
Anziché singoli affari assegnatigli, il co.co.co. cura ed esegue tutti gli affari di un certo tipo del preponente
A differenza della prestazione professionale, che si concretizza nella realizzazione di una singola e specifica opera, il collaboratore coordinato e continuativo si occupa di tutte le attività della tipologia individuata dal contratto e cura tali compiti coordinandosi col preponente. Dunque, anziché singoli affari di volta in volta assegnatigli, il collaboratore cura ed esegue tutti gli affari di un certo tipo del preponente.”
La fattispecie
Nella fattispecie il giornalista, che aveva sottoscritto con l’Amministrazione un contratto di lavoro autonomo, aveva il compito di coordinare tutte le attività di comunicazione ed informazione dell’ente, di supervisionare le singole campagne di comunicazione, coordinare l’Ufficio Stampa e la testata giornalistica, di supportare le attività della presidenza e di relazione esterna.
Giornalista coordinato
Il giornalista, quindi, aveva il compito non già di predisporre le attività necessarie per un singolo evento, ma di adoperarsi, in coordinamento con i vertici dell’ente, per tutte le necessità di comunicazione, coordinamento e supervisione.
L’altro caso
Con la sentenza n. 481 del 20/01/2022, il Tribunale di Roma ha confermato le risultanze ispettive emerse all’esito di un accertamento amministrativo effettuato nei confronti di un’amministrazione regionale, per contributi assicurativi omessi con riferimento alla posizione di un giornalista svolgente le funzioni “di fatto” di responsabile dell’informazione multimediale.
Pretesa contributiva
Nel merito della questione l’amministrazione ricorrente in sede di opposizione al decreto ingiuntivo non contestava la natura subordinata del rapporto di lavoro del giornalista né tanto meno la natura giornalistica dell’attività medesima, ovvero ancora la competenza dell’INPGI quale ente previdenziale destinatario della contribuzione; unica eccezione dunque alla pretesa contributiva dell’Istituto veniva fatta risalire alla asserita gratuità del rapporto di lavoro instaurato, ciò che – secondo quanto sostenuto dalla ricorrente – ne avrebbe giustificato il non aver ottemperato all’obbligo contributivo.
Senza retribuzione non significa gratis
La sentenza in esame, in accoglimento delle argomentazioni giuridiche svolte negli atti di giudizio (secondo cui le ipotesi di lavoro a titolo gratuito sono tassative ed espressamente previste in caso di volontariato o lavoro familiare) ha pertanto condannato l’amministrazione al pagamento dei contributi previdenziali essendosi di fatto svolto un rapporto di lavoro giornalistico subordinato seppur nel periodo oggetto di accertamento non fosse stata corrisposta alcuna remunerazione ed in difetto di una valida pattuizione circa lo svolgimento di attività di lavoro a titolo gratuito. (E.G. per NL – fonte INPGI)