Ennesima dimostrazione dell’(in)utilità degli ordini professionali. Il Consiglio dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia, nella seduta del 7 marzo ha deliberato la revisione dell’elenco pubblicisti, cioè di coloro che, diversamente dai professionisti, svolgono attività giornalistica non occasionale e retribuita anche se esercitano altre professioni o impieghi (di cui in genere campano).
I termini della revisione, ha spiegato l’ente, “riguardano tutti coloro che sono iscritti nel periodo compreso dal 1995 al 2006 mentre sono esclusi coloro che risultano iscritti da prima del maggio 1994 e quelli dopo il maggio 2007”. I pubblicisti dovranno presentare “il materiale giornalistico dell’ultimo biennio (tutto il lavoro deve essere pubblicato su testate registrate in Tribunale con un direttore responsabile iscritto nell’elenco dei professionisti o pubblicisti), i pagamenti che certificano l’attività svolta nel biennio e la dichiarazione del direttore responsabile iscritto nell’elenco professionisti o pubblicisti”. Nulla quaestio, ovviamente, sulla richiesta di dimostrare di aver continuato a scrivere dopo l’iscrizione. Sull’essere stati pagati per farlo, invece, c’è molto da dire e di che riflettere. Come la mettiamo, infatti, con i pubblicisti direttori/editori di testate proprie non produttrici di reddito, coi blogger, con quelli che scrivono gratis perché non trovano nessun editore disposti a pagarli, ma per questo non vogliono demordere? Li cancelliamo, in attesa che si capisca che è giunto il momento di riformare l’ordinamento della professione?