Giornalismo. Licenziato dalla Commissione Cultura della Camera il testo della riforma: “barriere” all’ingresso ed organismi rappresentativi più snelli

Consenso bipartisan della Commissione Cultura per i sette articoli della proposta di legge che andrebbero a novellare la L. n. 69/1963.

Nella proposta di riforma dell’“Ordinamento della professione di giornalista”, spicca l’istituzione di un giurì con funzioni conciliative rispetto alla tutela di soggetti terzi rispetto all’ordinamento professionale, una rappresentatività ridotta a 90 membri per il Consiglio Nazionale ed l’iscrizione al Registro praticanti non subordinata al superamento di un esame da parte dei laureati triennali. Il testo, che ha in buona parte recepito le indicazioni fornite dall’Ordine dei Giornalisti, non presenta variazioni di sorta per quanto concernente la deontologia professionale andando ad incidere solo su quelle norme che – nelle intenzioni dei proponenti – dovrebbero aggiornare la burocrazia istituzionale, premiare i soggetti che si affacciano alla professione dopo aver conseguito un titolo universitario di primo livello evitando loro di sostenere la prova di cultura generale che, invece, diviene obbligatoria per i pubblicisti, come d’altronde si ventilava nei corridoi degli ordini territoriali da qualche anno a questa parte. Altra importante novità sul piano dell’esercizio dei poteri disciplinari è rappresentata dall’istituzione di una “Commissione deontologica nazionale” (inserita “bissando” l’art. 59 dell’Ordinamento) «competente per le decisioni sui reclami contro le deliberazioni dei consigli regionali in materia disciplinare», con la possibilità di irrogare al massimo la sanzione della censura e la facoltà riconosciuta al giornalista sottoposto a procedimento di proporre gravame presso il Tribunale del capoluogo ove ha sede l’organo procedente, ex art. 63 L. n.69/1963. Di particolare interesse, poi, la previsione nella riforma di un “Giurì per la correttezza dell’informazione”, al quale – sostanzialmente – vengono attribuite funzioni deflattive del contenzioso giudiziario con il compito di tentare una mediazione con il cittadino leso dal professionista nell’esercizio delle proprie funzioni. In questa particolare circostanza la proposta di legge assegnerebbe a tale organo poteri che consentirebbero addirittura l’adozione di non meglio precisati provvedimenti d’urgenza. Immediate le reazioni delle correnti più liberiste presenti nel mondo dell’informazione che auspicherebbero, anziché l’introduzione di barriere d’accesso (definizione a nostro avviso – stante la proposta qui sommariamente descritta – quanto meno sovradimensionata) alla professione una decisa deregulation prospettando l’allineamento dell’ordinamento italiano a quelli «Stati avanzati dove l’accesso ai lavori dell’informazione è libero» (cfr. Corriere della Sera, 11/04/2011, p. 15), ponendo l’accento su di una interpretazione fin troppo audace dello stesso art. 21 della Costituzione laddove prevede che la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Sul punto, però, ci sia consentito di stigmatizzare la demagogia con la quale viene citata la disposizione che, in realtà, tenderebbe a scongiurare, vietandolo, un controllo preventivo su quanto pubblicato, esercitato da un organo governativo. Insomma, la libertà di informazione e di stampa non parrebbe minacciata dalla proposta della quale si è fatto promotore il deputato di Alleanza per l’Italia Pino Pisicchio che, dopo il vaglio degli altri Organi parlamentari e dell’Esecutivo, potrebbe essere approvata dalla stessa Commissione Cultura in sede legislativa e prendere il largo nella navette della procedura parlamentare per approdate in Senato. Giornalisti di professione e cronisti per diletto potranno continuare ad avere accesso ai mezzi di comunicazione. (S.C. per NL)

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