Si è trattato di un “linciaggio”. Così Marco Travaglio ha definito il trattamento riservato dal mondo politico in blocco al giornalista Giorgio Bocca, dopo il suo articolo, pubblicato qualche giorno fa su L’Espresso, dal titolo “Quanto amici ha Totò Riina”. L’esperto giornalista, ultimo intervistatore del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, accusava, tra le righe, i Carabinieri occupati in Sicilia in operazioni inerenti il mondo della criminalità organizzata d’essere parte di una sorta di tacito accordo di convivenza per cui lavorare al servizio dello Stato in una regione in cui di stati, perlomeno, ce ne sono due, voglia dire trovare un giusto punto d’incontro tra i due poteri dominanti. Bocca, tra l’altro, rimarcava come nella storia dell’Italia repubblicana i casi di connivenza o pavidità da parte di rappresentanti dell’Arma siano stati numerosi e documentati, “dall’omicidio di Mauro De Mauro a quello di Peppino Impastato”, “giù giù fino alle trattative avviate col mafioso Vito Ciancimino durante le stragi del 1992 da Mario Mori e Giuseppe De Donno”. E via, giù di accuse al giornalista. Il mondo politico al gran completo, in un’insolita veste trasversale, ha preso a criticare aspramente Giorgio Bocca, difendendo a spada tratta l’onestà intellettuale e pratica dei Carabinieri. Gli strali, decisi e monocorde, sono arrivati da destra e da sinistra, dall’indignazione del Pd Latorre alle sparate di Gasparri, sino al composto disgusto di Casini. Il mondo intellettuale e quello dell’informazione, quello no, quello ha taciuto, sottolinea Marco Travaglio, “con una rimarchevole eccezione: Franco Abruzzo, ex presidente dell’Ordine dei giornalisti lombardi, solidale con i carabinieri "leali servitori" ecc. Come se Bocca li avesse accusati in blocco di colludere con la mafia. Come se non fosse l’autore dell’ultima intervista al generale Dalla Chiesa e non conoscesse i tanti uomini dell’Arma uccisi da Cosa Nostra. E dire che Abruzzo, docente di storia del giornalismo, ha pubblicato sul suo sito la tesina di un’allieva su ‘L’inchiesta di Tommaso Besozzi sulle bugie dei Carabinieri e del Viminale sulla morte del bandito Giuliano’. Bugie per coprire i mandanti di Portella della Ginestra, anno 1948”. Insomma, Franco Abruzzo sarebbe stato l’unico rappresentante del mondo intellettuale e del mondo del giornalismo a prendere le difese dell’Arma dopo l’articolo di Bocca su L’Espresso. Ed, in effetti, Abruzzo la sua arringa difensiva l’ha firmata sul serio, in un articolo di risposta apparso tra le pagine del suo blog (www.francoabruzzo.it), dal titolo “Bocca contro i Cc. Abruzzo risponde a Marco Travaglio. La vendetta della mafia non è affidata soltanto alle lupare. Anche la calunnia è un’arma micidiale”. Nell’articolo l’ex presidente dell’Ordine della Lombardia richiama all’ordine il giornalista di Annozero, sostenendo come alcune delle sue affermazioni non siano perfettamente in linea con quanto scritto da Bocca. In particolare, quando Travaglio afferma che le parole del giornalista de L’Espresso non fossero tese a condannare l’Arma in blocco, bensì parte di essa. Abruzzo non è d’accordo e riprende alcuni passi dell’articolo, mostrando come, in realtà, le accuse fossero risultate piuttosto generali, includendo, perciò, i Carabinieri nella loro totalità e non parte di essi. Insomma, il batti e ribatti continua e ora attendiamo con ansia la risposta di Marco Travaglio. O, magari, perché no, quella di Bocca. (Giuseppe Colucci per NL)