Fare della Carta di Treviso, il codice deontologico sottoscritto in Italia nel 1990, un modello per disciplinare, a livello mondiale, la tutela dei minori nell’attività giornalistica.
Questo il contenuto della proposta presentata nei giorni scorsi da Cesare Maria Ragaglini, ambasciatore italiano alle Nazioni Unite, in una conferenza svoltasi al Palazzo di Vetro sul documento che, nel nostro paese, costituisce, dall’inizio del decennio scorso, una normativa vincolante di autoregolamentazione per i giornalisti italiani ed una guida ideale e pratica per i comunicatori. Ricordiamo che il protocollo denominato Carta di Treviso è stato siglato, nell’ottobre del 1990, dall’Ordine dei giornalisti, dalla Federazione nazionale della stampa italiana (FNSI) – d’intesa con Telefono Azzurro e con Enti e Istituzioni della Città di Treviso – e si ispira, oltre che ai principi della Convenzione dell’ONU del 1989 sui diritti dei bambini ed alle Direttive Europee in materia, anche e soprattutto ai valori della Costituzione italiana, tra cui figura l’impegno a proteggere l’infanzia e la gioventù per attuare il diritto alla educazione ed una adeguata crescita umana. Il documento del 1990 ha subito una prima integrazione a 5 anni dalla sua approvazione con il Vademecum Treviso ’95. Tale supplemento al codice è scaturito dall’esigenza di ribadire e sottolineare alcune regole di comportamento, quali: l’obbligo di garantire l’anonimato al bambino coinvolto in fatti di cronaca, in vicende di affidamento o adozione ed in casi di genitori separati o divorziati; il divieto di intervistare o impegnare il bambino in trasmissioni televisive o radiofoniche che possano ledere la sua dignità, di turbare la sua privacy o di coinvolgerlo in pubblicità che possano ledere l’armonico sviluppo della sua personalità; il dovere di porre particolare attenzione nella diffusione di immagini e di vicende inerenti bambini malati, feriti o disabili, per evitare forme di sensazionalismo che si traducono in sfruttamento della persona. Il testo odierno della Carta di Treviso è il risultato di una seconda integrazione, compiuta nel 2006, con l’obiettivo di rafforzare, alla luce della continua evoluzione tecnologica, la tutela della riservatezza e dell’anonimato del minore coinvolto in fatti di cronaca. Con la riforma del 2006 è stato pertanto stabilito che le norme deontologiche devono essere applicate “anche al giornalismo on-line, multimediale e ad altre forme di comunicazione giornalistica che utilizzino innovativi strumenti tecnologici per i quali dovrà essere tenuta in considerazione la loro prolungata disponibilità nel tempo”. In tale occasione è stato anche previsto l’impegno dell’Ordine dei Giornalisti e della FNSI a “richiamare i responsabili delle reti radiotelevisive, i provider, gli operatori di ogni forma di multimedialità ad una particolare attenzione ai diritti del minore anche nelle trasmissioni di intrattenimento, pubblicitarie e nei contenuti dei siti Internet”. Secondo Cosimo Bruno, coordinatore del gruppo di lavoro “Informazioni e Minori” del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti – intervenuto alla conferenza delle Nazioni Unite insieme all’ambasciatore italiano Ragaglini ed a Enrico Paissan, vicepresidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti – la Carta di Treviso “resta uno dei più importanti documenti deontologici scritto dai giornalisti per i giornalisti”. Un documento, dunque, che può porsi come modello da imitare al fine di giungere ad una carta internazionale che tuteli i diritti del bambino. Di questo parere si è mostrato il sottosegretario generale delle Nazioni Unite per la comunicazione e la pubblica informazione, Kiyotaka Akasaka, il quale ha definito la Carta di Treviso “un contributo che merita l’attenzione dei giornalisti e delle associazioni giornalistiche di tutto il mondo” (fonte ANSA). (D.A. per NL)