(Repubblica.it) – ROMA – Si terranno domani mattina alle 10.30 i funerali di Emilio Rossi, presso la Chiesa di Santa Maria delle Grazie a Roma. Il giornalista, primo direttore del Tg1 dopo la riforma del 1975, si è spento nella notte di giovedì nella sua casa romana. Aveva 85 anni.
Durante la sua direzione del Tg1, che durò 6 anni, fino al 1981, venne gambizzato dalle Brigate rosse, che gli spararono una raffica di proiettili nell’aprile del 1977, mentre, a piedi, stava recandosi al lavoro a via Teulada. E’ stato anche vicedirettore generale della Rai, presidente del Comitato tv e minori, presidente dell’Ucsi, l’Unione cattolica della stampa italiana, e, sino alla sua scomparsa, ha presieduto il Comitato di amministrazione del Centro televisivo vaticano.
Molti i messaggi di cordoglio. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ricorda il valore del suo lungo impegno morale e civile: “Ha dato senso e vigore al servizio pubblico radiotelevisivo, con limpido impegno democratico e con uno spirito di missione”, ha scritto il capo dello Stato alla famiglia. Il leader del Pd Walter Veltroni “piange la scomparsa del grande direttore e maestro di giornalismo”, il presidente del Senato Renato Schifani ne sottolinea l’esempio di “giornalismo colto, libero e coraggioso”, mentre il presidente quello della Camera, Gianfranco Fini, ne mette in evidenza “il grande insegnamento”.
Il mondo dell’informazione, commenta il presidente della Commissione di Vigilanza Riccardo Villari, perde un grande giornalista ma anche “uno strenuo difensore dei diritti dei telespettatori”. Il presidente della Rai Claudio Petruccioli ne sottolinea la “grandissima umanità” e il senso del servizio pubblico, il collega Tito Stagno dice che “è stato un direttore serio, onesto, rigorosissimo”.
Genovese, laureato in giurisprudenza e in filosofia, Rossi aveva cominciato l’attività giornalistica in un quotidiano locale. Era entrato in Rai nel 1956 e al vertice del Tg1 rimase sei anni, sino al 1981. Bloccato dall’attentato per 6 mesi in ospedale, tornò in redazione poco prima del sequestro Moro e, proprio durante quei 55 giorni, varò un modello di tg quasi permanente, per alcuni versi il prototipo degli “all news” di oggi.
“Una volta, a Genova, quando ero ancora studente di filosofia per strada sono finito addosso a una vecchina. Leggevo camminando…” ricordava Rossi, una vita passata a occuparsi di tv e informazione e piena di passione per i libri. Quando fu colpito da 15 pallottole sparategli a bruciapelo, per quella che secondo l’ex Br Adriana Faranda fu una “incisiva attività contro i livelli intermedi della Dc” in preparazione del delitto Moro, anche allora Rossi aveva in mano un libro, un testo di Pietro Ingrao.
Era una sua abitudine trovare spazi extra per leggere e lo faceva spesso per strada. Abitudini di un uomo che sino all’ultimo ha sempre chiesto di riflettere e confrontarsi come ha fatto con il volume pubblicato di recente da Rubbettino, L’undecima Musa, che segue le sue ricerche su Maritain, Pascal, la politica e la morte. Ma i libri scritti e pubblicati da Emilio Rossi sono diversi, a partire da Il pensiero politico di Jacques Maritain, del 1956, a La politica come follia – Ironia e verità di Pascal, a Una pendola per lo zar. La politica, il tempo, la morte fino a L’undecima musa. Navigando con Ulisse nel mare della comunicazione di attualità.
Numerosi i riconoscimenti che Rossi ha ricevuto nel corso della sua carriera: il Premio Casalegno, il Premio Napoli, il Premio Gentile da Fabriano, il Premio Scarfoglio e, lo scorso anno, il Premio Ischia e il Premio Ilaria Alpi alla carriera: in quell’occasione ringraziò dicendosi convinto che “deve esserci il piacere di fare questo mestiere, per riuscire a condividere le cose con gli altri”.