La Georgia, assieme all’Ucraina, è l’unico Paese ex sovietico classificato nel 2009 (per il rotto della cuffia) da Freedom House tra quelli con un sistema informativo “parzialmente libero” e non “non libero”.
Nonostante questo, nel Paese dove il premier Saakashvili ha un ruolo più simile a quello di un dittatore che a quello del presidente di una repubblica, la libertà d’informazione è poco più che una chimera. In Georgia sostanzialmente nessuno legge i giornali, così politicizzati e propagandistici da risultare illeggibili; la stragrande maggioranza della popolazione si informa circa il mondo che la circonda attraverso la televisione. Al di là della capitale Tbilisi, però, nel resto del Paese non vi sono emittenti tv nazionali che non facciano capo al governo: le uniche, infatti, che hanno una copertura nazionale – oltre alla pubblica Canale 1 – sono Rustavi e Imedi, private. Quest’ultima, fino a due anni fa, era il simbolo dell’opposizione e il governo Saakashvili l’aveva fortemente osteggiata, specie durante il conflitto con la Russia per l’Ossezia che in tempo d’elezioni. Alla morte del suo tycoon, però, nel 2008, la tv è caduta in mano ai filo-governativi, chiudendo ancor di più la Georgia nella sua bolla. È questo il panorama all’interno del quale è avvenuta, pochi giorni fa, la sostanziale amnistia fiscale che la maggioranza parlamentare ha concesso alle emittenti tv. In parlamento, per lo meno, un’opposizione c’è e fino all’ultimo ha combattuto perché l’emendamento al codice delle tasse, proposto dalla maggioranza, non passasse. Alla fine, invece, è passato ed è stato finanche più radicale di quanto inizialmente proposto: cancellazione, per tutte le emittenti tv, dei debiti accumulati fino al marzo di quest’anno. Il provvedimento inizialmente proposto delimitava il periodo tra l’inizio della presente legislatura (2005) e, appunto, il marzo 2010. Successive modifiche hanno cancellato la data di partenza, rendendolo retroattivo, sostanzialmente, all’infinito. Secondo alcuni calcoli, a causa di quest’amnistia, l’erario georgiano perderà circa 36 milioni di lari, ossia 15 milioni di euro, un quarto dei quali (9 milioni di lari) sarebbero dovuti pervenire proprio dalla tv di stato georgiana (Gpb), come gli stessi amministratori hanno ammesso, mentre solo il 5% da piccole emittenti locali. Insomma, la sostanza del provvedimento è che il governo ha dato una piccola mano ai propri sostenitori del canale di stato Gpb, in cambio di un’informazione più o meno compiacente. Come si dice, una mano lava l’altra. (G.C. per NL)