Intervista al ministro Gentiloni (foto) pubblicata sul sito del MinCom
Ministro Gentiloni, per Berlusconi il suo disegno di legge è un «ammazza Mediaset… vogliono rovinarmi».
«Non è così. Berlusconi accetti la sfida della concorrenza e del mercato. Il disegno di legge ha due obiettivi. Primo: aprire il mercato tv creando più spazi alle risorse pubblicitarie e limitando la possibilità di posizioni dominanti. Mediaset totalizza il 60% della raccolta pubblicitaria, il livello di concentrazione più alto del mondo. Tema ben chiaro da quando la legge Gasparri ha rimosso le soglie antitrust perché non esiste nulla del genere né negli Usa, né in Francia, né in Germania, né in alcun altro Paese europeo. La concentrazione, poi, non è solo un problema di mercato ma anche di pluralismo e libertà di informazione. Oggi chi strepita e urla contro il disegno di legge finge di dimenticare che dal 1981 esiste un tetto antitrust nell’editoria: nessun editore può superare con i propri quotidiani il 20% della tiratura nazionale. Secondo obiettivo. La Commissione europea ha aperto una procedura contro la Gasparri perché non consente ad alcun nuovo editore l’ingresso nel mercato per l’eccesso di occupazione delle frequenze. E guardi che nel lungo periodo la legge potrebbe giovare anche Mediaset».
In che modo, ministro?
«Il nostro mercato pubblicitario è pure il più magro d’Europa. Se si aprirà il mercato tv, crescerà anche la pubblicità».
Berlusconi parla di attacco personale. Confalonieri calcola 440 milioni di danni a Mediaset. E c’è chi immagina licenziamenti, c’è preoccupazione in quell’azienda…
«Berlusconi non mi convince col vittimismo a orologeria. Sapeva bene che avremmo modificato la vergogna della Gasparri, monumento al conflitto di interessi che cancellò i limiti antitrust e salvò Rete 4. Tutto per le aziende dell’allora presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi».
E sui danni economici e i possibili licenziamenti?
«La legge prevede, per chi supera i limiti di concentrazione, una riduzione degli affollamenti degli spot. L’impatto della riduzione verrà fissato dal mercato. Si potranno naturalmente aumentare le tariffe degli spot. Una cosa è certa. Tutte le analisi indipendenti, molte delle quali giudicano troppo moderato il mio disegno di legge, considerano le cifre di Confalonieri totalmente gonfiate. In quanto ai licenziamenti… il problema del lavoro è troppo serio per battute del genere e per un’azienda che negli ultimi anni ha totalizzato centinaia di milioni di euro di utili netti e per fortuna gode di ottima salute. Se ci saranno difficoltà, eventualmente arriveranno dal mercato. Non certo dal mio disegno di legge».
D’Alema nel marzo ’96 visitò Fininvest e la definì «un patrimonio del Paese». Se la sentirebbe di dirlo oggi per Mediaset?
«Certo. Mediaset è un patrimonio del Paese, una grande azienda italiana che ha svolto nella fase di invenzione della tv commerciale un ruolo di arricchimento dell’offerta televisiva. La sfida ora è la convergenza sull’evoluzione tecnologica, la diversificazione del business, la presenza su diversi mercati. Il suo futuro non può fondarsi su privilegi garantiti per legge e solo sul monopolio domestico della pubblicità».
Anche un uomo del centrosinistra come Franco Debenedetti ha dubbi sul tetto del 45% alla pubblicità. Ha scritto un libro…
«Ripeto anche a lui. Le soglie antitrust comprese le “ex ante”, cioè previste a priori, si giustificano in tutti i Paesi occidentali dove c’è una minaccia al pluralismo e alla libertà di espressione per un eccesso di concentrazioni. Ed è bene che in Italia ce ne siano per la tv così come ce ne sono per la carta stampata».
Dopo la crisi del governo Prodi qualcuno pensò a una frenata sul disegno di legge Gentiloni per «patteggiare» con Berlusconi. Ha avuto la sensazione di un rallentamento?
«Mai avuti segnali diretti o indiretti del genere. Osservo però che i tempi di discussione e di approvazione non sono stati certo accelerati… Da parte della maggioranza è stata una dimostrazione di disponibilità al confronto parlamentare. Ma ora è bene che l’esame proceda speditamente. Altrimenti…».
Altrimenti, ministro Gentiloni?
«Nel nostro programma di Governo pochi punti erano chiari come la riforma della Gasparri. Se non riuscissimo a mantenere l’impegno, rischieremmo uno tsunami da parte dell’elettorato».
E cosa pensa dell’altro disegno di legge, quello di iniziativa parlamentare sul conflitto di interessi? Anche per quello Berlusconi dice: «Mi vogliono cancellare ».
«Il tema del conflitto di interessi, così come quello dell’anomalia televisiva, va affrontato e risolto. Il disegno di legge sul conflitto di interessi è talmente moderato da non essere troppo diverso dalla proposta approvata nel 1998 all’unanimità, anche col voto di Forza Italia. Anche qui: curiosa questa improvvisa denuncia di Berlusconi…».
Pensa a una strategia legata agli appuntamenti elettorali?
«Berlusconi da un lato alza i toni contro il centrosinistra e dall’altro fa la vittima denunciando “killeraggi” e “ammazzamenti”. È uno dei suoi ritornelli più sperimentati. Ora mi pare punti sul muro contro muro per politicizzare le amministrative… forse qualcuno gli ha spiegato che, parlando dei problemi delle città, il centrodestra perderebbe. Ma il Governo non deve inseguire certe argomentazioni. I nostri elettori chiedono una legge sul conflitto di interessi e la riforma della Gasparri. Su questo dobbiamo lavorare serenamente».